Paganesimo che si intreccia a Cristianesimo in una notte intrisa di tradizione, in mezzo allo scoppiettio dei falò giganti di due sponde. Sabato 24 giugno la magia pervaderà lo Stretto di Messina dove all’imbrunire si risveglierà, come ogni anno, la suggestione del mare notturno grazie alle pire, denominate “bamparizzi” o “fuochi” di San Giovanni Battista, che divamperanno dalla legna accatastata sulle coste specchianti. Qualcuno dei residenti quest’anno “invoca repressione contro dei ragazzini che con amore, passione e orgoglio, compiono un miracolo, tramandando uno dei più antichi folclori sopravvissuti”. A sottolinearlo è il consigliere della VI Municipalità, Giuseppe Sanò che riconosce uno spiccato senso civico in questi stessi gruppi di giovanissimi che “il giorno dopo rimediano al torto fatto ad una delle spiagge più belle, dopo aver regalato attimi di incanto a migliaia di persone”.
La celebrazione ricade più o meno in corrispondenza del Solstizio d’Estate. Attuare dei controlli per un altro tipo di salvaguardia dell’igiene pubblica non guasterebbe.
“Ad aumentare le cause dell’acredine verso questa antica tradizione – spiattella Sanò – si sono aggiunte le azioni, piuttosto sgradite, di alcuni furbetti che per non portare in discarica la loro immondizia lignea hanno svuotato il tutto accanto alla pira oggetto del dissenso, approfittando della situazione favorevole”.
“Le persone che si lamentano – fa sapere il consigliere di quartiere – sono le stesse che con i loro Suv invadono aree demaniali per essere più vicine alla battigia, sono le stesse che non si accorgono del degrado che li circonda, delle spiagge sporchissime che ripuliscono sempre i soliti volontari, sotto i loro superbi occhi. Sono i genitori di rampolli dell’alta società che fanno i falò a ferragosto, lasciando bottiglie di birra ovunque e tornando a casa ubriachi ti mettono pure sotto con l’auto di papà. Nessuno di lor signori ha mai protestato per i resti di un lido sequestrato alla mafia, ancora presenti in bella mostra”.
Insomma, rovinare una simile festa serale a cui manca solo una manciata di giorni sarebbe un insulto alla memoria, interpreta Sanò. “Dalla notte dei tempi, i falò sono stati protagonisti di riti magici, di passaggio, propiziatori, purificatori e si sono conservati, persino con la religione cristiana. Il significato del falò di San Giovanni, per noi a Bamparizza, assume contorni mistici e non esiste una spiegazione univoca sulle sue origini”. A fronte di questi gesti contemplativi, sentenziare sull’illegalità dei fuochi e sul degrado che rappresentano fa dedurre che molta gente ignora le antiche tradizioni rivierasche e trasforma la ritualità in commenti malevoli e scandalizzati per l’assenza di interventi repressivi.
Vedere il litorale calabro, a Villa San Giovanni e Cannitello e quello siculo, a Ganzirri e specialmente a Torre Faro che si illuminano in uno sposalizio rispolvera i ricordi di una notte in cui si combinavano intese matrimoniali. A differenza di tutti gli altri falò, i nostri sono i guardiani dello Stretto di Messina e le loro benedizioni sono rivolte a chi lo naviga e a chi lo abita.
“Ogni anno a maggio, si iniziava a raccattare legna vecchia per tutto il paese – racconta Sanò -, reti abbandonate e scheletri di barche in disarmo. Tutto prendeva i contorni di una gran festa, eravamo divisi per rione d’appartenenza ed ogni simbolica squadra accatastava legna in diversi punti della riviera. Noi ragazzini non avevamo motivazioni mistiche e propiziatorie ma solo un obiettivo, realizzare la bamparizza più grande, quella che durasse di più. La gara era principalmente tra le due sponde dello Stretto, tanto per cambiare. Vinceva il falò che si spegneva per ultimo”.
Un giorno di festa, un giorno da proteggere e da continuare a tramandare. Chi incontra un bambino che partecipa alla realizzazione della bamparizza lo riconosce subito, è il ragazzino più gioioso. Non ha importanza il significato, reale o presunto, del rito pagano ma ciò che suscita in chi lo realizza e in chi lo vive durante la magica notte di San Giovanni.
Ne La figlia di Iorio di Gabriele D’Annunzio, Ornella dice ad Aligi:
“E domani è Santo Giovanni,
fratel caro: è San Giovanni
Su la Plaia me ne vo’ gire
per vedere il capo mozzo
dentro il Sole all’apparire,
per vedere nel piatto d’oro
tutto il sangue ribollire”
L’aspetto più intrigante e misterioso, riguarda la caratteristica disposizione dei falò. Secondo le antiche usanze, i fuochi devono essere disposti uno di fronte all’altro, in modo che vi si possa far passare la gente, costituire, un passaggio, una porta, un tunnel di luce e fiamme. Si tratta di cancelli che segnano, non solo il transito tra le stagioni, ma soprattutto tra il regno dei vivi e dei morti. Sicuramente, la spiegazione è da ricercarsi nei cicli agrari e celesti, nonché dal loro legame con la sopravvivenza della specie e per estensione, della conservazione della vita. Purificazioni, benedizioni, guarigioni e allontanamento da ogni negatività sono stati per secoli le ragioni che hanno permesso a questa affascinante tradizione di rimanere in vita.
“Siete tutti invitati sabato 24 giugno al calar delle tenebre – riecheggia Sanò -, sulla spiaggia più bella del mondo, quella del Pilone di Torre Faro, con lo sfondo dello Stretto di Messina. Vi regaleremo la possibilità di ritornare bambini per una notte