Il risanamento della baraccapoli era cominciato un anno e mezzo fa ma non si è mai completato. Senza mai dimenticare le macerie tolte solo parzialmente dalla pregressa demolizione nel cuore del Rione Taormina e i topi che circolano “indisturbati” tra le casupole immerse nel degrado e piene di spifferi ed umidità, anche la pavimentazione di via Ennio Quinto ha ceduto circa 10 giorni fa, aprendosi con delle ampie crepe, quasi al confine della Caserma “E. Ainis”. Nello stesso vicolo (perché di questo si tratta più che una via), risiedono ancora due famiglie con sei ragazzi, in attesa che un alloggio popolare venga loro assegnato.
La realtà che fa accapponare la pelle è che in questa strettoia manca persino l’impianto fognario comunale per cui gli adulti di queste abitazioni devono sempre stare in guardia che il pozzo nero non si riempia per evitare l’irreparabile, ovvero il debordamento delle acque nere. In questi nuclei, ci sono anche minori di cui il più piccino ha quattro anni, ovvero il nipotino di una delle figlie dei proprietari. Ma la varietà umana, non finisce qui: in un’altra famiglia, ci sono anche due gemelli 17enni e un ragazzo appena maggiorenne. In tutto, 6 giovanissimi costretti a vivere in un luogo sconcertante e demoralizzante per la dignità personale e per il senso civico delle istituzioni competenti.
Il Consiglio del III Quartiere, attraverso il suo presidente Antonino Zullo, ha cercato di farsi portavoce di questa popolazione “trascurata”, nell’arco di un anno, verso l’assessore alle Politiche della Casa, Pino e il dirigente del dipartimento apposito ma non ha ottenuto alcuna risposta.
Qualcuno, “a questo punto addirittura l’Esercito”, potrebbe decidere di agire nei confronti del lastricato che circonda la propria struttura militare e di salvare anche le famiglie “dal cadere nello pseudo baratro”.