La notizia è di quelle che fanno piacere: l’aeroporto di Catania conferma il suo trend positivo. Nei primi sei mesi del 2017 sono atterrati a Fontanarossa 4.091.241 passeggeri, pari a una crescita del 17,4%, e nel mese di agosto si aspettano circa un milione di passeggeri. Certamente, se vogliamo analizzare il dato, in quel milione di passeggeri tanti sono i turisti, grazie al boom del turismo isolano, ma tanti sono i siciliani che per tornare a casa non hanno altra scelta che quella di prendere un aereo ed a prezzi proibitivi. “Capitale Messina” chiede un intervento, stile modello Sardergna.
“Se un siciliano, lavoratore o studente, per esempio, vorrà tornare a casa il 5 agosto, partendo da Milano ed atterrando a Catania, dovrà pagare 250 euro; se invece sempre da Milano deciderà di andare a Londra, gli costerà solo 68 euro. È chiaro che il problema del caro voli è diventato insostenibile, sia per i cittadini siciliani, che per il sistema economico dell’isola, e bisogna trovare delle soluzioni.
In Sardegna, grazie al riconoscimento del diritto alla “continuità territoriale”, il Governo ha emanato un bando europeo per le compagnie aeree, con l’obiettivo di calmierare le tariffe. Verranno garantiti 5 milioni di posti a tariffe bloccate per i residenti e con costi calmierati per i non residenti. In pratica un residente sardo pagherà, tutto l’anno, un biglietto verso Roma Fiumicino 37 euro, e 46 per Linate.
Per i non residenti le tariffe saranno le stesse per 10 mesi l’anno, mentre per due mesi estivi, dall’1 luglio al 31 agosto, sarà applicata una tariffa massima pari a 70 euro per le rotte verso Roma Fiumicino e a 80 euro per Milano Linate.
In Sicilia la “continuità territoriale” che, ricordiamo è uno strumento legislativo europeo che ha lo scopo di garantire i servizi di mobilità, per via aerea o marittima, agli abitanti in regioni disagiate, si applica già ai collegamenti con le isole di Lampedusa e Pantelleria. Ma si dibatte da tempo di estenderlo a tutto il territorio regionale, in considerazione del deficit di collegamenti infrastrutturali via terra.
Sull’argomento i buoni propositi si sprecano: il 28 aprile 2016 l’allora presidente del Consiglio Renzi dichiarò: “Sulla continuità territoriale in Sicilia ci stiamo lavorando”.
Il ministro Delrio il 19 luglio 2017, in seguito ad interrogazione parlamentare del deputato Saverio Romano, afferma in modo elusivo che “l’attenzione del Ministero per le esigenze della continuità territoriale siciliana è costante … e il Ministero è in costante dialogo con la Comunità europea, appunto, anche per sfruttare tutte le opportunità in termini di regimi di aiuti di Stato..”
Ma il 27 giugno dell’anno scorso la Commissione europea rispondendo ad una interrogazione sull’argomento, si dichiarò “consapevole della necessità di assicurare un’adeguata connettività nell’UE, in particolare con e dalle regioni remote, come ad esempio le isole” chiarendo che “se le autorità italiane ritenessero che il mercato non soddisfa appieno i bisogni di connettività dell’Italia su certe tratte, anche per quanto concerne i prezzi, esse avrebbero la possibilità di imporre oneri di servizio pubblico (OSP) su tali tratte” epuntualizzando che “la Commissione non ha ricevuto di recente nessuna nuova proposta o modifica di OSP da parte delle autorità italiane. Un sostegno ai trasporti delle regioni remote, isole comprese, può essere erogato anche in forma di aiuti a carattere sociale, ma la Commissione non ha ricevuto nessuna notifica di tali programmi”.
E da allora non siamo a conoscenza di iniziative concrete del Governo sul tema della continuità territoriale in Sicilia, eccetto quelle relative alle isole minori.
Ma si può ancora accettare che i siciliani sopportino questa forte limitazione al diritto di mobilità? In assenza di collegamenti stradali e ferroviari degni di un paese civile e senza Ponte, percoloro che si muovono da e verso le altre regioni l’unica scelta di trasporto è l’aereo e con costi spesso insostenibili.
E lo stesso vale per le imprese costrette a sostenere costi più elevati rispetto alle altre regioni italiane.
Aspettiamo finalmente che la classe politica regionale si risvegli e batta i pugni sul tavolo del Governo nazionale per trovare soluzioni.
Se sia l’attivazione della procedura legislativa nazionale ed europea per il riconoscimento della “continuità territoriale”, o se siano altri gli strumenti da utilizzare per ridurre le tariffe non tocca a noi saperlo, ma quello che sappiamo per certo è che che i siciliani non possono più attendere.