Non stiamo assistendo ad una puntata di “Quark” né tantomeno vogliamo entrare in merito al ciclo di riproduzione dei cinghiali che comunque si moltiplicano con un ritmo di estrema celerità. Ma è “emergenza cinghiali” nei villaggi urbani di Messina e di questi siamo costretti ad occuparci. Non se ne vogliono più andare via. Insomma, non ci si può coprire gli occhi o spegnere la luce artificiale dei lampioni (come si evince dalle foto scattate in periodi diversi) per farli scomparire perché questi animali selvatici sono presenti di giorno e di notte nel territorio peloritano, in cerca di cibo, seppure, in origine, dovevano popolare solo i boschi dei colli.
“Così, non è avvenuto – rincara la dose il consigliere della V Circoscrizione, Marcello Cannistraci – perché questo genere di fauna non riusciva più a soddisfare il proprio bisogno giornaliero nella vegetazione dei nostri colli. Questo fattore ha creato un massiccio spostamento di colonie intere di cinghiali a valle, toccando parte delle aree, ormai gremite da residenti messinesi”.
“Non voglio fare polemiche sull’argomento ma solo chiarezza ed individuare soluzioni – aggiunge Cannistraci -. L’Amministrazione si impegna a spegnere le bellissime luci sul Pilone, per evitare che gli uccelli migratori possano aver paura del bagliore colorato e quindi deviare la loro rotta. L’Amministrazione si interessa dello stalliere che, facendo trainare le sue carrozze, ha messo a repentaglio il suo amato e fidato stallone, finché non è morto per collasso cardiaco. Per i cinghiali, l’Amministrazione sta in silenzio e non prende provvedimenti. Cosa si aspetta, forse che succeda l’irreparabile?”.
In passato, si è parlato di collocare trappole da parte degli esperti del settore del Comune. Il punto è che, mentre si cercano o si propongono i metodi da usare, è pericoloso mantenere tutto invariato per la mole e l’aggressività di questo tipo di animale.
Altrimenti, non resta che conferire la Cittadinanza onoraria della Città metropolitana di Messina anche ai cinghiali, pur non possedendo alcun merito recondito, se non quello di essersi adeguato alla sopravvivenza per carenza di viveri nel suo ambito di nascita.