Il Pubblico ministero ha iscritto nel registro degli indagati anche l’ing. Francesco Trimarchi,
project manager del colosso veneto del settore dell’impiantistica elettrica e delle grandi opere
Finalmente si apprende quale direzione hanno preso le indagini sulla morte di Salvatore D’Agostino, il quindicenne di Gaggi, deceduto nell’agosto del 2016 dopo essere rimasto folgorato urtando un faretto nella piazza del suo paese, in un luogo accessibile a tutti, mentre giocava una partita a calcio con amici.
Alle richieste di aggiornamento da parte di Studio 3A, che assiste i familiari della vittima – si era fermi da tempo ad un procedimento contro ignoti –, la Procura di Messina ha fatto sapere di aver iscritto due nomi nel registro degli indagati; si tratta di due figure di vertice dell’impresa che ha in gestione da parte del Comune il servizio di pubblica illuminazione, un autentico colosso del settore dell’impiantistica elettrica e, più in generale, delle grandi opere, con sede ad Arcugnano (Vicenza): la Gemmo spa. Più precisamente, si tratta della presidente del Cda, Susanna Gemmo, 54 anni, e del project manager ingegner Francesco Trimarchi, 37 anni, responsabile dell’ufficio Tecnico e Gare d’Appalto, con particolare riferimento a quella per la Sicilia.
Il tragico incidente è avvenuto il 2 agosto 2016, nella piazza antistante la Chiesa Madre della frazione di Cavallaro. Salvatore, per recuperare il pallone, aveva oltrepassato una ringhiera ma per farlo aveva toccato un faretto: non sarebbe dovuto succedere nulla se quell’impianto fosse stato a norma, e invece la tremenda scarica elettrica che l’ha investito non gli ha lasciato scampo. Non sono bastati i soccorsi e il trasporto all’ospedale di Taormina, dov’è spirato dopo 18 giorni di coma.
I genitori del ragazzo hanno presentato un esposto alla Procura di Messina. Nel documento i familiari formulavano una serie di rilievi e di richieste per chiarire la dinamica dei fatti ed accertare le responsabilità. Ad esempio, che si individuassero il proprietario dell’area, il titolare dell’utenza che alimentava il faretto e il fornitore dell’energia elettrica, chi l’avesse collocato, collegando i cavi e mettendolo in esercizio, a chi competesse la sua manutenzione; ancora, che si accertasse se l’installazione fosse a norma viste la mancanza di griglie di protezione (oltre che di qualsiasi cartello che avvisasse del pericolo) e, soprattutto, la presenza di nastro adesivo e del relativo rotolo di supporto in cartone ormai consunti che attestavano un datato (e maldestro) intervento sui cavi. Non solo. I genitori domandavano anche chi avesse rimosso il faretto e se fosse stato effettivamente sequestrato su indicazione dalla magistratura, che si estendesse il sequestro anche al filo, al nastro adesivo e ai due bulloni e ai dadi che lo ancoravano alla staffa, rimasti viceversa ancora in loco, nonché a un altro quadro elettrico aperto e potenzialmente pericolosissimo in un’altra area della piazza che non era stata transennata dopo l’incidente dai carabinieri di Graniti. Infine, che si documentasse lo stato dei luoghi e la loro accessibilità a tutti, e che si accertassero le ragioni per le quali, il giorno dopo l’incidente, il 3 agosto, alcuni tecnici si fossero affrettati a intervenire sul quadro di contatori che alimenta la piazza, apponendovi un lucchetto nuovo prima inesistente.
A febbraio, dopo sei mesi senza riscontri, i D’Agostino hanno cercato di sollecitare la Procura messinese presentando, tramite il loro legale, una richiesta di incidente probatorio, inclusa una dettagliata perizia sul luogo dell’incidente, alla luce di una nota nella quale il Comune di Gaggi forniva una serie di “informazioni e nominativi rilevanti in ordine all’accertamento della verità dei fatti”, che richiedevano evidentemente un approfondimento di indagini per acquisire prove di eventuali condotte illecite, prima della scadenza dei termini per la conclusione delle indagini preliminari.
A marzo, però, il Sostituto Procuratore di Messina titolare del fascicolo per omicidio colposo, Antonella Fradà, rigettava l’istanza, spiegando che “l’incidente probatorio è uno strumento attraverso il quale si attua una anticipazione del dibattimento nella fase delle indagini preliminari ai fini dell’acquisizione di prove non rinviabili nel contraddittorio tra le parti, contraddittorio che però postula l’identificazione dei soggetti sottoposti a indagine nei cui confronti procedere”. Dal momento che il procedimento era (ancora) a carico di ignoti, “mancano i presupposti per procedere nelle forme dell’incidente probatorio”.
Successivamente la famiglia del ragazzo, attraverso il consulente personale Salvatore Agosta, per ottenere giustizia si è affidata a Studio 3A, società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità in ogni tipologia di sinistro, a tutela dei diritti dei cittadini, che si è subito messa in moto per acquisire tutta la documentazione e per dare il proprio apporto e impulso alle indagini, in collaborazione con il penalista della famiglia.
E’ stata presentata una richiesta alla Procura di Messina per conoscere lo stato del procedimento e per sapere se nel frattempo il Pm avesse assunto un qualche provvedimento e, attraverso i media, è stato anche lanciato un appello all’appena insediato Procuratore Capo di Messina, Maurizio De Lucia, affinché prendesse a cuore il caso del ragazzo.
Finalmente, nei giorni scorsi la Procura di Messina ha risposto con una comunicazione ufficiale sullo stato di avanzamento del procedimento e si è così potuto apprendere che ora figurano due iscritti nel registro degli indagati, come detto Susanna Gemmo e Francesco Trimarchi, rispettivamente presidente e manager della Gemmo Spa, la società a cui il Comune di Gaggi ha affidato la gestione del proprio impianto di pubblica illuminazione attraverso l’adesione alla convenzione per il Servizio Luce e servizi connessi per le Pubbliche Amministrazioni con Consip, la centrale acquisti della PA. Gemmo si è aggiudicata il lotto 8 della procedura di gara bandita da Consip per conto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, quello relativo alla Sicilia, e gestisce la pubblica illuminazione di tante altre città dell’isola, vedi Catania: parliamo di un gruppo che ha chiuso il 2016 con un fatturato di oltre 192 milioni di euro, che al 31 dicembre 2015 contava 664 addetti, che ha legato il suo nome a tante grandi opere in tutta Italia e che è rimasto coinvolto anche in numerose indagini della magistratura su appalti e tangenti, si veda quella sul Mose di Venezia.
Resta ancora da comprendere se vi siano concorsuali responsabilità da parte dei funzionari del Comune di Gaggi, di cui ad oggi nessuno risulta indagato, circostanza che Studio 3A, a mezzo del legale messo a disposizione della famiglia, intende evidenziare al Pubblico Ministero, anche in forza del fatto che il nuovo sindaco, Giuseppe Cundari, insediatosi lo scorso giugno, aveva ammesso a mezzo stampa che “la responsabilità di quell’impianto è del Comune di Gaggi”.
La Procura è giunta alle stesse conclusioni ma, almeno per ora, si è limitata a indagare i vertici della società che ha in carico la manutenzione di tutti i punti luce del territorio, e che quindi avrebbe dovuto mettere in sicurezza anche quel “maledetto” faretto.
“Ora la speranza è che dopo oltre un anno di lunga ed estenuante attesa, la famiglia riceva finalmente una risposta dalla giustizia – commenta il presidente di Studio 3A, Ermes Trovò –, che vengano individuati tutti i responsabili della morte di Salvatore e che vengano perseguiti: tragedie come questa non possono e non devono restare impunite, anche perché non abbiano a ripetersi mai più”.