Con l’approssimarsi del responso del 15 ottobre dell’Inps sulle oltre 65mila domande di Ape sociale, i sindacati lanciano l’allarme sul gran numero di richieste respinte dall’Istituto previdenziale con interpretazioni “eccessivamente restrittive” della norma che hanno l’effetto di ridurre il numero di beneficiari dell’anticipo pensionistico a 63 anni di età.
Anche a Messina sarebbero una “valanga” i respingimenti. Numersi “aspiranti” pensionati hanno già ricevuto per posta la risposta con esito negativo, rivolgendosi ai sindacati per chiedere spiegazioni sul no da parte dell’Inps. In molti casi sarebbero risposte generiche che lasciano molti dubbi persino ai patronati. Una situazione paradossale che potrebbe sfociare in malcontento con i sindacati che annunciano azioni di protesta.
Un dossier dell’Inca, il patronato della Cgil, denuncia che le motivazioni addotte dall’Inps per il rigetto “in contrasto con le intenzioni del legislatore e in alcuni casi addirittura contro legge”, rischiano di “vanificare le aspettative di reinserire qualche elemento di flessibilità nel sistema previdenziale”. L’Inps respinge le accuse e sostiene di applicare la legge.
Domande spedite al mittente ai privi di ammortizzatori e percettori di voucher.
Anche secondo la Cisl, in base alle segnalazioni che arrivano dal territorio, non si tratta di casi isolati e a breve rischia di “esplodere una bomba sociale”. Tornando al dossier dell’Inca, ricorda che tra i criteri per accedere all’anticipo pensionistico a 63 anni, bisogna essere disoccupati a seguito di licenziamento e senza ammortizzatori sociali da almeno 3 mesi.
“Per l’Inps – specifica il patronato – anche un solo giorno di rioccupazione, retribuito con voucher, successivo a tale periodo fa perdere il diritto all’Ape sociale, nonostante tale interpretazione confligga con l’articolo 19 del d.lgs 150/2015”, secondo cui “sono disoccupati i soggetti privi di impiego che dichiarano, in forma telematica al sistema informativo delle politiche del lavoro, la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa e alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il centro per l’impiego”.
Secondo il patronato “il lavoratore che abbia reso la propria disponibilità all’attività lavorativa e alla partecipazione alle politiche attive, come vuole la norma, e che abbia i requisiti contributivi e anagrafici per l’Ape sociale (63 anni di età e 30 anni di contributi) ha diritto a tale indennità”. Mentre il principio cui sembra ispirarsi l’Inps è che il lavoratore perde lo stato di disoccupato anche per un solo giorno di lavoro svolto dopo i tre mesi di ammortizzatori sociali.
Bocciate le domande di accesso per i lavori gravosi. Secondo l’Inca la situazione si complica per gli addetti ad attività gravose e rischiose, le cui richieste di Ape sociale devono ricevere il nullaosta sia del ministero del Lavoro e dell’Inail.