Domani, alle ore 21.00, con replica sabato allo stesso orario e domenica alle 17.30, andrà in scena al Teatro Vittorio Emanuele la pièce dal titolo Lampedusa di Anders Lustgartner. Diretta da Giampiero Borgia e interpretato da Donatella Finocchiaro e Fabio Troiano la pièce mette a confronto la vita di un pescatore siciliano, ormai impegnato a recuperare i corpi dei profughi annegati in mare, con quella di una donna(marocchina italiana), immigrata di seconda generazione, che riscuote crediti inevasi per una società di prestiti.
Lustgartner allarga la sua riflessione a livello più globale rivolgendo in questo caso la sua attenzione alle migrazioni di massa. Tutto si concentra in due monologhi perfettamente amalgamati.
Il primo viene da Stefano, un ex pescatore italiano che esordisce con “Il Mediterraneo è morto” e che ora si guadagna da vivere recuperando i corpi dei migranti che sono annegati facendo il viaggio in barca nella pericolosa traversata dal Nord Africa verso l’Italia.
Ma la terrificante storia di Stefano sul recupero dei cadaveri “pescati” in mare (3500 profughi morti annegati nel Mediterraneo nel solo 2015) – è completata da quella di Denise. Lei è di razza mista (forse figlia di una unione mista, più probabilmente una immigrata di seconda generazione), studente marocchino-italiana che si mantiene agli studi, lavorando come esattore per una società di prestiti. Condannata per sempre al ruolo di outsider in Europa, sostiene i marocchini sono “i primi ad essere partiti e gli ultimi tra gli immigrati ad essere considerati”. La povertà e la disperazione non sono solo lo scenario del racconto: sono causa generatrice del contrasto sociale, male dei protagonisti, argomento di fuga per entrambi ed insieme condizione per il miglioramento del proprio status attraverso lo sciacallaggio della disperazione altrui. Ossessionati dal denaro che manca, dalle opportunità che non ci sono, dalla politica dei favori Stefano smette di pescare in un mare ormai depredato e si reinventa pescatore di cadeveri: è più redditizio, il paradosso è che è un lavoro più continuativo a Lampedusa, in questo momento.
Denise cerca invece un riscatto studiando e allontanando da sé il mondo da cui proviene.
Lustgarten traccia paralleli e intrecci invisibili tra le due storie.
Affida ai suoi personaggi una identica visione politica: il parere che l’Europa è “fottuta” per non avere saputo prevedere che guerra e miseria avrebbero prodotto una congestione di traffici umani e non aver regolato per tempo con criteri certi questi flussi inarrestabili ma ancora prima, per non aver saputo attuare vere politiche di inclusione degli immigrati e dei richiedenti asilo.
Il punto di Lustgarten è che dietro il disastro sistemico della politica e delle nazioni, ci sono fortunatamente ancora le persone, la gentilezza individuale, la sorpresa dei singoli. In questa piece, Lustgarten non ha spazio per esplorare la questione pratica di come la società europea possa riequilibrare il suo obbligo morale verso i richiedenti asilo e tuttavia in questo testo coraggioso e audace, affronta il tema serissimo della migrazione di massa portandolo al suo livello di urgenza, dimostra che dietro le statistiche orrende di profughi annegati o le notizie allarmistiche sulla stampa circa i benefici riconosciuti quasi immeritatamente ai profughi giacciono vite di individui che hanno conosciuto ogni tragedia, prima di rivolgersi al mare per provare ad andare via. E ricominciare a sperare.
Lampedusa è il suo primo testo rappresentato in Italia. Uno spettacolo che farà riflettere ed emozionare sin dalle primissime battute.
Il weekend del Teatro Vittorio Emanuele si tinge d'emozione con Lampedusa, una tragedia senza fine
giovedì 14 Dicembre 2017 - 12:47