“Nella determinazione del contributo per i collaboratori occorre tenere sempre conto della quantità e della qualità delle prestazioni lavorative svolte dal singolo dipendente”. Sembrerebbe essere una banalità, un precetto ben radicato nella nostra forma mentis del quale sarebbe superfluo solo parlarne, ma ad affermare ciò è l’autorevolissima Corte dei conti dopo aver esaminato i rendiconti delle spese dei gruppi all’Ars. Perché sì, all’Ars operare secondo il criterio dell’inefficienza sembrerebbe essere di prassi, quasi fosse una normalità. E dunque via ad assunzioni a pioggia ben oltre le effettive necessità, stipendi da capogiro che non tengono conto delle competenze dei singoli, quindicesime mensilità e altri benefit economici. Insomma, in una sola parola sprechi. Per dare meglio un’idea di ciò di cui si sta parlando, basti pensare che vi sono anche portaborse che con la sola terza media arrivano a guadagnare circa 60 mila euro l’anno, quanto un dirigente per intenderci.
Immediato il blocco da parte della Corte dei conti dei maxistipendi sconnessi spesso alle effettive competenze dei portaborse stabilizzati. Inoltre, i magistrati contestano ad alcuni gruppi l’erogazione dei superminimi a favore dei dipendenti già beneficiari di maxistipendi. E ancora: la Corte dei conti esorta a non spendere necessariamente l’intero fondo aggiuntivo (58 mila euro a deputato) che l’Ars dà ai gruppi in base al numero dei deputati per contrattualizzare portaborse esterni. Insomma, tra i corridoi dell’Ars si aggirano quasi 200 portaborse tra interni ed esterni per 70 deputati, comportando una spesa complessiva che si aggira intorno agli 8 milioni di euro annui.
Al riguardo, il Presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè, ha annunciato: “Dal prossimo anno cambierà tutto. Non sarà più consentito lo spreco di risorse pubbliche per assunzioni di portaborse e collaboratori clientelari: taglieremo la somma destinata a ogni singolo parlamentare”.