Dobbiamo rettificare. In barba a quanto affermato nelle scorse settimane, sembrerebbe che i deputati all’Ars non operino secondo il criterio dell’inefficienza, anzi tutt’altro. Sembrerebbe infatti che operino secondo il criterio dell’efficienza, sì ma delle proprie tasche. Sono infatti tornati i portaborse inquadrati contrattualmente come colf, un escamotage questo adottato da alcuni onorevoli di Palazzo dei Normanni per pagare meno oneri previdenziali ai propri sottoposti.
Era dal 2014 che non si verificava un caso del genere. A notare delle irregolarità per quel che riguarda la gestione dei fondi messi a disposizione di ciascun deputato all’Ars per l’assunzione dei portaborse (quasi 59 mila euro annui) è stata nuovamente la Corte dei conti, la quale martedì scorso ha ascoltato in adunanza pubblica i vari capigruppo senza però entrare nel merito della tipologia contrattuale applicata ai vari collaboratori che si aggirano tra i corridoi di Palazzo dei Normanni.
Rischiano adesso il licenziamento gli stessi portaborse assunti contrattualmente come colf (se ne contano 20 al momento), dato che a detta dei sindacati non è possibile applicare tale tipologia contrattuale a chi svolge funzioni amministrative; discorso diverso potrebbe essere fatto qualora iniziassero ad essere impiegati come addetti alle pulizie: in tal caso potrebbero non rischiare il loro posto di lavoro.