Nuovi retroscena stanno emergendo sul caso Montante, esponente di spicco della Confindustria sicula e paladino dell’antimafia finito di recente agli arresti domiciliari in quanto accusato di spiare magistratura e polizia attraverso un’apposita rete di spionaggio per acquisire informazioni sull’inchiesta per concorso esterno in associazione mafiosa in cui era coinvolto. Infatti, l’uomo avrebbe cercato di distogliere occhi indiscreti su di lui, provando a zittire i giornali attraverso il pagamento di laute somme di denaro in termini di pubblicità affinché non rompessero “i coglioni”, così come emerso da un’intercettazione. Inoltre, secondo i pm Montante avrebbe cercato di ottenere consenso dietro la promessa di posti di lavoro, nonché parrebbe che puntasse a porre uomini di fiducia presso le istituzioni regionali e nazionali, un aspetto quest’ultimo di per sé legittimo ma che cessa di essere tale quando “ci si muove all’interno di un sistema di corruttela diffusa”, così come spiegano i magistrati.
Si è svolto intanto l’interrogatorio di garanzia di Montante, il quale avrebbe affermato di “non aver mai ottenuto alcun tipo di vantaggi, né appalti, né finanziamenti, né agevolazioni”, stando a quanto dichiarato da uno dei suoi legali. Insomma, ogni accusa è stata respinta al mittente. Sul perché tenesse presso la propria abitazione diversi dossier su politici e magistrati accuratamente custoditi in una stanza nascosta, Montante ha spiegato che non fosse a conoscenza di quel vano blindato nascosto dietro le mura di casa.
Tra gli indagati nell’inchiesta figurebbero anche messinesi, che tuttavia non sono stati ancora raggiunti da alcun provvedimento ma che risulterebbero essere coinvolti a vario titolo nella vicenda. Stiamo parlando di Maurizio Bernava, ex esponente di spicco della Cisl messinese e siciliana, nonché attuale dirigente della formazione continua di Confindustria, che ha spiegato di essere sereno, affermando di aver sempre agito con correttezza e nel rispetto delle regole. In particolare, Bernava avrebbe rivelato a Montante di essere stato ascoltato dagli inquirenti nisseni.
L’altro messinese è il carabiniere Letterio Romeo, che sarebbe stato minacciato da Montante nel 2010 perché in possesso di alcune immagini che lo ritraevano in compagnia di Vincenzo Arnone, all’epoca boss di Serradifalco, e Dario Di Francesco, divenuto poi collaboratore di giustizia. Secondo la procura di Caltanissetta Romeo avrebbe distrutto ogni prova, compresa la relazione di servizio nella quale descriveva la minaccia ricevuta dall’esponente di Confindustria. Sentito dai magistrati, Romeo ha dichiarato di essere del tutto estraneo alla vicenda.