“Un figlio che corre al capezzale della madre morente”. Un paragone triste e angosciante, ma che per Nello Musumeci rende perfettamente l’idea della missione che Dino Bramanti dovrà affrontare domenica. Per il Governatore, quella madre morente rappresenta Messina, una città straziata e dimenticata da una politica che l’ha illusa e sfruttata, ma sotto le ceneri cova il fuoco della svolta. Una svolta che per Musumeci è rappresentato dalla pacatezza e dall’entusiasmo dell’uomo scelto dal centrodestra per ritornare alla guida della città. A piazza Cairoli, il Presidente della Regione parla per la prima volta dopo la vittoria del novembre scorso, finora tutte le visite sono state informali ed istituzionali.
La visita del vicepremier Luigi Di Maio ha fatto urlare qualche avversario elettorale al ritorno del vecchio ricatto sul “governo amico”, un gioco da cui Musumeci si tira fuori: “Rassereniamo i nostri avversari – ha dichiarato dal palco – non sono qui a garantire trattamenti privilegiati in caso di vittoria di Dino Bramanti, noi siamo fatti di un’altra pasta. Per noi le istituzioni vengono prima di tutto e sono di tutti, non di questo o quel partito. Qualunque sia il prossimo sindaco di Messina troverà sempre la mia pronta aperta e la mia persona pronta ad ascoltare i problemi di una città a cui sono molto affezionato e che deve tornare agli antichi splendori”.
Musumeci traccia un profilo della situazione drammatica in cui versa il territorio siciliano: “I dati sull’occupazione sembrano quelli del 1947, in pratica stiamo vivendo una crisi paragonabile a quella del dopoguerra. Sono il presidente dell’ultima regione d’Europa. In questi settant’anni si sono susseguiti governi di centrodestra e centrosinistra, nessuno può tirarsi indietro davanti a questo fallimento. Se siamo in questa situazione la colpa non è solo di Roma, ma lo è soprattutto di una classe dirigente che invece di rappresentare il nostro territorio ha fatto solo i propri interessi, quelli delle lobby e delle classi romane. L’autonomia e lo Statuto non sono fandonie, sono state solo mal utilizzate per questi motivi. Il mio Governo? Sono consapevole di essere il Presidente della semina e non del raccolto, ma quest’opera di bonifica per ridare una Regione normale ai siciliani andava fatta ed io sono la persona più indicata perché come ho sempre ripetuto la mia carriera politica è agli sgoccioli e quindi posso dire dei no. Una volta arrivato a Palermo mi era stato consigliato di non toccare i dirigenti, persone che stavano lì da trent’anni e che conoscevano vita, morte e miracoli di tutti: e bene li ho spostati tutti”.
Poi al cospetto di una piazza Cairoli affollata e di numerosi candidati ed esponenti politici (tra cui anche l’ex Governatore del Lazio, Francesco Storace), Musumeci lancia un appello ai messinesi: “La politica è un’arte nobile che da oltre 2mila anni caratterizza la storia umana, esiste quella buona, fatta di competenza, onestà e dedizione, ed esiste quella sporca, fatta di affari, di clientelismo e servilismo. Ma sta agli elettori decidere a chi affidare il proprio futuro, quei cinque secondi trascorsi in quella cabina elettorale caratterizzeranno i vostri prossimi cinque anni. A Messina non serve un rivoluzionario, abbiamo visto a livello regionale a cosa portano le rivoluzioni, serve il cambiamento silenzioso che solo Dino Bramanti potrà dare, domenica sarà un confronto tra la Messina che urla e che ha perso la speranza e tra quella che invece la speranza non l’ha persa”.