La pandemia di coronavirus com’è noto ha paralizzato non soltanto il nostro paese, ma anche il resto del mondo. È sempre più numerosa la lista di paesi che stanno adottando delle misure più o meno stringenti per limitare la diffusione del covid-19 nei rispettivi territori di competenza. Volgendo lo sguardo sull’Unione Europea, Germania e Francia ad esempio si stanno avvicinando sempre più al modello italiano per rallentare il verificarsi di nuovi contagi, al fine ultimo di non stressare eccessivamente in un arco di tempo troppo ristretto i rispettivi servizi sanitari nazionali. Eppure nel club dei 27 c’è ancora qualche paese che sta adottando una strategia opposta a quella appena descritta, una strategia che mira a prendere ancora tempo prima di andare in lockdown: è il caso della Svezia, paese all’interno del quale sono stati stanziati miliardi di euro a sostegno dell’economia reale ma che al contempo ancora non ha deciso di imporre un blocco alle attività non essenziali; ad oggi le persone positive al coronavirus sono all’incirca 1.800, mentre i decessi registrati sono circa una ventina. A raccontarci l’aria che tira in questi giorni nel paese scandinavo è Vincenzo Caratozzolo, messinese di 27 anni che da due anni e mezzo vive a Stoccolma, dove lavora nell’ambito della ristorazione e della moda come modello.
“La situazione a Stoccolma è abbastanza strana, – spiega Vincenzo – in quanto la gente la mattina esce tranquillamente per andare a lavorare e la sera va a fare festa nei vari locali come se fosse estranea a questo virus. Intanto il 40% della popolazione che vive a Stoccolma recentemente è andata a sciare tra Svizzera, Austria e Italia, e dunque si teme che nelle prossime settimane possa esplodere il numero di contagi. Al riguardo ovviamente sono un po’ preoccupato, ma allo stesso tempo non posso decidere di restare a casa perché il governo ancora non ha imposto divieti di uscire. Spero che il governo svedese possa applicare una sorta di strategia italo-svedese, nel senso di aspettare l’evolversi della situazione come si sta facendo al momento e appena ci si rende conto che il numero di contagi cresce notevolmente di chiudere immediatamente tutto come è stato fatto in Italia”. Alla domanda se fosse stato discriminato in quanto italiano, nel senso se fosse stato visto dalla popolazione del luogo come un possibile untore, Vincenzo ci spiega che questo sentimento è andato ben presto scemando una volta che gli svedesi si sono resi conto che il coronavirus andava ben oltre i confini italiani: “Quando il focolaio era solo in Cina, Iran e Italia non ero proprio discriminato, ma comunque le persone stavano all’erta non sapendo giustamente se nei giorni precedenti fossi stato o meno in Italia. – chiosa il messinese – Ma adesso il coronavirus è un’emergenza sanitaria mondiale, e pertanto è sicuramente andato a svanire questo atteggiamento”.
Vincenzo, così come tanti messinesi sparsi tra l’Italia e il resto del mondo, è stato tentato a tornare a casa per stare vicino ai suoi cari, ma non sapendo di essere stato contagiato ha deciso di rimanere a Stoccolma, nella speranza che tutto ciò possa terminare il prima possibile: “Non sapendo se fossi stato contagiato da qualcuno non ho voluto rischiare di rientrare”, prosegue Vincenzo, che poi lancia un appello ai messinesi a tenere duro: “Resistete, resistete e resistete. Questo è un momento critico di portata storica, e pertanto dobbiamo farci forza e cercare di rimanere a casa il più possibile. Fatelo voi che potete, io purtroppo ancora non posso farlo”.