Ancora non è ben chiaro chi tra Conte e Renzi abbia avuto ragione dell’altro. Se nascerà il governo presieduto dal Prof. Mario Draghi, Renzi avrà sufficienti motivi per sostenere di essere stato l’artefice della svolta e potrà cantare vittoria.
In questa ipotesi nei fatti avrà conquistato un successo; diversamente, con il fallimento, tanti sarebbero stati autorizzati a ipotizzare l’estinzione del suo movimento politico.
La sconfitta in politica è sempre preceduta da avvisaglie, piccoli segni che spesso sfuggono a chi non è avvezzo al mondo della politica. I segni premonitori vengono colti dalle persone più vicine, ma l’entourage di Conte guidato da Casalino e Fraccaro era ben lungi dall’avere esperienza di governo e di gestione delle regole del potere. Entrambi lo hanno incautamente consigliato per la resistenza a oltranza, hanno indicato come strada maestra la ricerca di sostegni rabberciati e dell’ultima ora dimenticando che tali pratiche erano mal confacenti con l’immagine che Conte aveva voluto trasmettere sin dall’inizio: quella di un Presidente non politico, una figura tratta dal mondo universitario per guidare il governo del cambiamento e ben lontana da ogni possibile attaccamento al potere.
Il Conte asserragliato dentro Palazzo Chigi fino alla resa era ben lontano dall’immagine che due anni orsono, nel Maggio del 2018, era apparsa all’orizzonte della politica italiana. Allora il Conte avvocato del popolo si era presentato quasi in antitesi a certa politica e a certe pratiche di potere.
Saranno apparse brevi, brevissime, le ultime notti al premier Conte in trepidante attesa nella speranza che il continuo rinvio della conta e di qualunque decisione lo avrebbe alla fine condotto alla vittoria. I petali mancanti non sono arrivati, la campagna acquisti si è rivelata scarna e i numeri necessari alla sopravvivenza del governo non sono stati raggiunti.
Il Palazzo dei Chigi, come simbolo del potere, non ha trasmesso una esemplare immagine trafficato com’era – anche di notte – da discreti e silenziosi parlamentari spesso sconosciuti, ma disposti a furtivi e segreti incontri per mercanteggiare l’eventuale appoggio al governo.
Decisive sono state le incertezze della notte comprese tra il 25 e il 26 Gennaio. Le notti dello sconforto e dei mille dubbi in cui pare che qualche incauto e improvvisato ambasciatore giunse persino a chiedere garanzie per le dimissioni. Fu questo l’errore fatale e all’estemporaneo messo – dato che di certe storie del passato non sembrava molto edotto – fu bruscamente spiegato che in politica non esistono garanzie, quel che appare certo, solo a distanza di qualche ora cade nell’incertezza quando non nel dimenticatoio.
L’immagine dantesca e plastica del Conte Ugolino che addenta il cranio dell’arcivescovo Ruggieri riassume e compendia la titanica lotta tra i due ex premier, qui il Conte non è riuscito ad addentare lo scalpo dell’altro, forse non aveva “i denti ” adatti.
Pino Privitera