Misurato, colto, affidabile e competente. Sono qualità che il nuovo segretario del Pd ha connaturate. Cresciuto alla scuola politica di Andreatta, ne è stato l’allievo più fedele, ma non ha del Maestro nè la personalità e nemmeno l’approccio. Ministro poco più che trentenne, conosce i palazzi del potere italiani ed europei. È stato anche Presidente del Consiglio, incarico da cui fu sollevato con poco garbo. Sono passati sette anni da quel famosissimo “stai sereno”, ma oggi egliriappare chiamato a salvare quel partito da cui fu tradito e umiliato. È tornato per amore verso la politica (da cui in realtà mai si era allontanato), è tornato per salvare da un lento e inesorabile declino quel partito che aveva contribuito a fondare. Sarà in grado di guidare questa macchina infernale chiamata Partito democratico oppure sarà anche lui fagocitato dalle fauci onnivore di chi gli ha chiesto aiuto? Il tempo darà una risposta. Ma l’enfant prodige della politica italiana ha in sè le caratteristiche per scaldare il cuore e fare innamorare quel popolo che il Pd vorrebbe rappresentare? Chi scrive ritiene che sia questo il tema centrale e insieme l’interrogativo più importante. Non ha Enrico Letta il fascino melanconico e la visione onirica di Aldo Moro, nè sembra possedere i canoni ascetici del fantasma sacrificale di Lacan, certamente non dirà le idiozie di Zingaretti: “mai con il M5S e Conte o voto”, propositi e promesse che l’ex segretario non ha mantenuto. Per risollevare il Pd non sarà sufficiente il bagaglio di conoscenze e di rapporti con le cancellerie europee, nè basterà avere insegnato a Sciences Po, ma sarà necessario convincere il popolo che il partito democratico non è la quintessenza delle poltrone sofà, soprattutto dovrà dimostrare che i valori non sono in vendita. Il compito del nuovo segretario del Pd sarà arduo, indipendentemente dai tradimenti, perchè il partito degli eredi di Togliatti e De Gasperi oggi non ha un’anima, non suscita passioni, non rappresenta inquietudini non coglie i mutamenti o le aspirazioni degli elettori. Non può essere il Pd solo il partito della nomenclatura nè può essere complice del giustizialismo, del reddito di cittadinanza o succidaneo di un comico. Sarebbe opportuno che il Paese, dopo la sbornia elettorale del 2018, ritrovasse una destra democratica e una sinistra non demagogica. Speriamo che il nuovo segretario non realizzi un’altro “Deserto dei Tartari”, che non rappresenti quell’attesa infinita poi disattesa, che Dino Buzzati ha magistralmente descritto nel suo capolavoro.
Pericle