Confcommercio, quando il potere logora chi non ce l’ha

Una conferenza stampa per ribadire quello che era stato detto attraverso alcune note spedite alla stampa. Il gruppo dei “dissidenti” dell’associazione datoriale vuole la “testa” dell’attuale presidente Carmelo Picciotto. L’imprenditore messinese è finito nel mirino degli otto consiglieri di minoranza perché a detta loro non avrebbe provveduto all’approvazione dei bilanci e sarebbe responsabile di una gestione poco trasparente. In realtà, l’unica “colpa”, se così la vogliamo chiamare, del presidente Picciotto è stata quella di avere rimesso in piedi un’associazione dilaniata.

La verità è comunque un’altra, l’associazione adesso fa gola perché i conti sono stati rimessi a posto, grazie alla presenza di un delegato del presidente nazionale, e qualcuno si è messo in testa di potersi sedere attorno al tavolo di gestione. “Hanno solo tempo da perdere e per questo li invidio”, ha detto Picciotto a proposito di questa operazione che ha una matrice diversa da quella imprenditoriale. La politica, infatti, ha acceso i rifettori sulla Confcommercio di Messina e questo a Roma lo sanno benissimo, tant’è che le richieste di commissariamento sono finite sistematicamente nel cestino dei rifiuti.

La Confcommercio è un “bene” che va difeso dagli assalti della politica – uno dei dissidenti ricopre una carica politica in Fdi – e soprattutto dai “giochetti” di matrice catanese. La verità che gli otto non dicono è proprio questa. Alle viste c’è anche il rinnovo della governance della Camera di Commercio (si andrà a voto a luglio prossimo), e la turbolenza viene decisamente approvata dalle altre associazioni di categoria. In definitiva, ciò che sta letteralmente logorando i dissidenti – al di là delle dichiarazioni di facciata – è il desiderio di conquistare porzioni di potere che alla fine valgono alla stessa stregua dei loro successi imprenditoriali.

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