L’imprenditore Alessandro Faranda vede Messina e più in generale il futuro dell’Isola sotto una doppia ottica, quella dell’imprenditoria e di un under 40, che crede ancora in un futuro di sviluppo per la città e la Sicilia. Però ciò si attua con un vero cambio di passo.
Partiamo dal risanamento: doveroso lo sbaraccamento e dare case ai tanti messinesi che ne sognano una da generazioni. Si sta procedendo sulla linea giusta? Si parla di megacentri residenziali in quartieri sud della città. Qualcuno paventa il rischio di creare aree fortemente degradate e isolate, al posto delle baracche, che in altre città sono diventate simbolo negativo di emarginazione e fatiscenza?
“La rinascita deve partire dallo sbaraccamento. Ignobile ci siano ancora persone che da generazioni continuano a vivere in condizioni disumane. È corretto e responsabile che si sia creata una sinergia politica trasversale con l’intento di mettere fine a questo scempio. Parallelamente è opportuno parta un progetto di qualificazione dei quartieri della città, specie le aree interessata allo sbaraccamento. Risanamento si deve sposare con rinascita, per inglobarsi nel modo più armonioso possibile nel contesto urbano, armonia degli spazi e architettonica. I nuovi insediamenti abitativi non devono porgere il fianco a un futuro di degrado, ma integrarsi con il resto della città. Più in generale Messina va ripulita, anche in centro insistono contesti dequalificanti e disarmonici. Messina dovrebbe tornare a essere bella perché è bella di natura. Io credo che la bellezza possa essere un grande appeal per calamitare nuovi investitori e a suscitare l’interesse anche internazionale. Certo, una burocrazia più leggera aiuterebbe e questo è un problema che dovrebbe affrontare seriamente il governo regionale”.
Il Waterfront è un altro tema sul quale passa il restyling, la riqualificazione e il nuovo sviluppo urbano della città. Il presidente dell’autorità di sistema dello Stretto, Mario Mega, propone un concorso di idee e quindi apre alla possibilità di un approccio partecipativo dei cittadini e di tutte le componenti attive e produttive della città. È d’accordo?
“La città di Messina ha necessità di ridisegnare il suo waterfront. Una città completamente affacciata sul mare non può prescindere per la sua riqualificazione e upgrade urbano dal proprio affaccio. Nei decenni tutto questo è stato dimenticato e lo dimostrano opere come il Tram che ha tagliato completamente il rapporto costa e mare e segmentato porzioni importanti di Messina. Ha rovinato i luoghi più rappresentativi, dal viale della Libertà, al porto, la Passeggiata a mare; il centro, piazza Cairoli, il viale San Martino, luoghi di bellezza ma anche luoghi dove è possibile sviluppare economia. Durante un confronto in tv l’assessore ai Lavori Pubblici, Salvatore Mondello, mi ha spiegato che il tram è un problema e – aggiungo io – un peso, e lo è per Messina”. Come in un’azienda bisognerebbe valutare realmente i costi – benefici. Io sono disponibile a dare il mio contributo su questo tema e altri, sui quali, però, bisogna tornare a chiedere ai messinesi. È in gioco il presente e il futuro: in decenni è stato azzerato il ‘valore mare’. Peccato, potremmo avere opportunità importanti che non sfruttiamo. Non esiste un porto turistico, non esiste un porto commerciale o mercantile. Il nostro porto è diventato solo un approdo non identificabile in qualcosa di concreto. I croceristi che arrivano ‘si disperdono nel nulla’ e non mi pare abbiano espresso un bel giudizio sulle condizioni della città”.
Tema trasporti, sul quale è intervenuto qualche giorno fa, nodo centrale e, apocalittico, a ogni nuova ondata di maltempo, difficoltà enormi per persone e imprese. Viviamo in uno stato di perenne precarietà.
“Sì è così. La precarietà la percepiamo costantemente. Abbiamo vissuto negli ultimi giorni un’allerta meteo molto violenta nella nostra regione con danni ingenti nel catanese e purtroppo vittime. Talvolta, però, bastano anche eventi climatici meno violenti per ricordarci l’inadeguatezza delle infrastrutture siciliane, sicuramente vecchie, ma rese ancora di più ‘fragili’ dalla carenza della manutenzione stessa. I disagi sono notevoli per le imprese, ma anche per le persone. Mi metto nei loro panni, ci sono pendolari che durante l’ultima allerta meteo sono dovuti rimanere a casa non solo per l’allerta ma anche per l’impossibilità di raggiungere il posto di lavoro. Abbiamo una frana sulla A-18 con i cantieri aperti da sei anni. Siamo reduci da uno smottamento, sempre sulla stessa autostrada, che ha causato quasi la paralisi dei collegamenti e due giorni fa lo smottamento sulla statale 114 all’altezza di Capo Alì, che ha causato la chiusura di un’arteria molto importante e di collegamento con la provincia ionica. È un bollettino di guerra. Aggiungo che raggiungere l’aeroporto di Catania è spesso un viaggio della speranza”.
Precarietà che si avverte anche nei collegamenti sullo Stretto. Nonostante l’Area integrata e i suoi potenziali sviluppi, i disagi sono pesanti per i pendolari.
“I collegamenti sullo Stretto sono un punto di forza che Messina deve esprimere. Al momento non è affatto così. Devono essere potenziati, valorizzati e resi efficaci per i pendolari. Ci sono corse ad orari inutili per le esigenze degli utenti, con aliscafi disconnessi rispetto l’orario di arrivo e partenza degli aerei dall’Aeroporto dello Stretto. La Calabria non è una realtà distante da noi, anzi dovremmo trasformare la vicinanza in valore aggiunto. Sfruttare quanto più possibile le opportunità e potenzialità dell’Area integrata.
Nodo imprese: per arrivare in Sicilia o esportare un bene ci sono costi proibitivi e non esistono agevolazioni per le aziende siciliane. Ci vorrebbero maggiori incentivi e benefit. Allora mi chiedo come può rinascere una regione se le multinazionali possono arrivare in Sicilia e un piccolo imprenditore o artigiano non può più, invece, sostenere i costi elevatissimi per esportare le sue produzioni. Questo non contribuisce certo allo sviluppo e alimenta il torpore, che può fare comodo a qualcuno, ma fa malissimo a tanti”.
E Lo stato di insularità costa alla Sicilia 6 miliardi l’anno.
“Costa parecchio alla Sicilia è vero, però non lo sfruttiamo a pieno. Messina è sottodimensionata come porta d’ingresso di una regione che contiene ricchezze storiche, artistiche paesistiche uniche e inestimabili. Da qui dovrebbe partire, prima di tutto, la consapevolezza che ci può essere una rinascita. Se non acquisiamo questa consapevolezza, difficilmente potremo avere un futuro”.
Non è arrivato il momento di smettere di dare un colore politico al Ponte sullo Stretto? “Il Ponte è un’infrastrutture assolutamente utile, più che necessaria. Diverrà necessaria nel momento in cui la Sicilia avrà una rete infrastrutturale adeguata, efficiente e moderna e quindi da collegare al Ponte. La nostra classe politica dirigente a livello regionale e nazionale dovrebbe smettere di ripetere un’inutile filastrocca. Il collegamento stabile diventa imprescindibile solo dopo importanti investimenti in grado di rendere – mi permetta la battuta – stabile, moderna e competitiva la rete dei collegamenti nell’Isola, superando il gap con le altre regioni”.