“Da un anno esatto la politica regionale ha operato nella direzione della trasformazione del Cas in ente pubblico economico, ma ad oggi nessun cambiamento positivo possiamo riscontrare in una gestione che definiamo fallimentare dell’ente che oggi vede 300 lavoratori senza stipendio dal 27 gennaio, il fondo di tesoreria del consorzio bloccato da Unicredit e la contrattazione di secondo livello sospesa”. Lo dichiara unitariamente un fronte di organizzazioni sindacali territoriali – Filt Cgil Fit Cisl Uiltrasporti Ugl Sla Cisal Lata e Cub Trasporti.
“Non abbiamo visto alcun cambio di passo nell’ente economico – continuano i sindacati – e nonostante da un anno si sia aperto il confronto sul contratto integrativo dei lavoratori ad oggi ci pare chiaro che ciò che è uscito dalla porta si vuol far rientrare dalla finestra. Il Cas appare di fatto gestito da logica bipolare da un lato l’ente economico dovrebbe guardare unicamente al proprio piano finanziario e ad un piano industriale che ne assicuri sviluppo e rilancio ma dall’altro continua a seguire quelle logiche imposte dalla Regione Sicilia che negli anni lo hanno reso un “carrozzone pubblico” interferendo senza alcun titolo nelle scelte gestionali con la compiacenza di tutta la dirigenza.
“Siamo fortemente preoccupati dell’attuale situazione economico-finanziaria dell’ente e della gestione fallimentare e contraddittoria che stiamo riscontrando – continuano i sindacati – e nonostante con senso di responsabilità siamo sempre rimasti ai tavoli di trattativa non possiamo che evidenziare lo stallo pericoloso in cui la Regione e le determinazioni del management del Cas hanno spinto l’ente penalizzando il servizio e i lavoratori.
“Si interrompe un percorso di trattativa con ormai inevitabili prossime azioni di conflitto che non escludono eventi di sciopero e nuove denunce sulla gestione dell’ente – concludono i sindacati – ma siamo consapevoli che la vertenza debba giungere sui tavoli regionali da dove ancora oggi nonostante tutto si tirano i fili della gestione di un ente a cui la politica non vuole rinunciare ma di cui deve assumersi le responsabilità del possibile fallimento”.