Patrimonio Spa, PD e LiberaME: “Una società-sanguisuga che non ha venduto neanche un alloggio”

I risultati dell’attività ispettiva realizzata sul lavoro svolto dalla Patrimonio Spa, azienda creata nel 2019 dall’allora giunta De Luca per valorizzare il patrimonio comunale e oggi in liquidazione per decisione del consiglio comunale, mettono in evidenza uno scenario a dir poco impietoso. Stando a quanto reso noto dai gruppi consiliari PD e LiberaME – promotori dell’iniziativa – la Patrimonio Spa avrebbe funto da stipendificio per i vertici che vi operavano al suo interno, senza assolvere al principale compito per la quale era stata istituita: vendere alloggi.

“Una società che nasceva per “valorizzare” il patrimonio comunale a oggi non avrebbe venduto neppure un alloggio; – si legge nella nota di PD e LiberaME – con un costo di esercizio per i compensi da pagare ai componenti del Consiglio di Amministrazione e di gestione ordinaria che annualmente in bilancio si aggira attorno ai 500.000 euro e soprattutto con dipendenti che avrebbero potuto fare lo stesso lavoro presso il dipartimento competente, senza dover realizzare una nuova società partecipata, laddove si prendano in considerazione i seguenti dati, sempre forniti dal competente dipartimento comunale: ‘Nell’anno 2016, venduti 130 alloggi; nell’anno 2017, venduti 86 alloggi; nell’anno 2018, venduti 53 alloggi; nell’anno 2019, venduti 28 alloggi; nell’anno 2020, venduti 3 alloggi; nell’anno 2021, venduti 50 alloggi (per un importo di euro 337.544,68 euro)’.

“Da questi dati emerge come negli anni precedenti alla costituzione di Patrimonio Messina Spa la vendita di alloggi fosse non solo operativa ma con numeri di contratti molto più alti di quanto non sia accaduto con la costituzione di Patrimonio Spa, con la differenza che lo facevano gli uffici comunali competenti e non vi erano ulteriori costi a carico del bilancio comunale.

“Questa vicenda dovrebbe essere assunta come esempio al fine di evidenziare che la realtà vera e concreta è molto diversa da quella narrata ad uso e consumo dei social; appalesando, inoltre, un’inconsistenza amministrativa rilevante. Ci sarebbe da ricordare, a chiusura della vicenda – sulla quale correttamente il Consiglio comunale ha deciso di intervenire ponendo in liquidazione la citata società partecipata – che come ultimo regalo alla città, questa società-sanguisuga continuerà a costare ancora soldi pubblici: il ricorso legale, infatti, avrà un costo. E indovinate chi pagherà?”.

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