Ampia partecipazione al 1° congresso siciliano di “Cardiologia e Cardiologia Riabilitativa – La pratica al centro” tenutosi a Royal Palace Hotel di Messina con un format interattivo guidato da massimi esperti del settore arrivati da tutta Italia. L’evento è stato organizzato dal gruppo Giomi di Messina ed è stato patrocinato gratuitamente dall’Assemblea Regionale Siciliana, dalla Assessorato alla Salute Regionale, dall’Ordine dei Medici e dei Chirurghi della Provincia di Messina e da AICPR (Associazione Italiana di Cardiologia Clinica, Preventiva e Riabilitativa).
«Sono molto felice perché in queste ultime due giornate abbiamo affrontato tematiche importati per la Cardiologia e la Cardiologia riabilitativa – ha dichiarato Roberto Caruso, responsabile scientifico dell’evento, direttore della Cardiologia del gruppo Giomi di Messina e Consigliere Nazionale dell’AICPR (Associazione Italiana di Cardiologia Clinica, Preventiva e Riabilitativa) -. Abbiamo avuto la possibilità di mettere in pratica tutte le conoscenze che abbiamo acquisito negli ultimi anni, in cui la terapia farmacologica è migliorata tantissimo, per cui adesso è etico trattare i pazienti al massimo delle nostre potenzialità. Le due discipline vanno a braccetto perché la Cardiologia Riabilitativa ci ha dato la possibilità di essere più performanti sul paziente, con il miglioramento dell’aderenza farmacologica, oltre che di ottimizzare la terapia. Valutando l’aspetto del training fisico, ci rendiamo conto di quanto sia importante la personalizzazione in un paziente che è sempre più complesso, perché oggi si muore molto meno di sindrome coronarica acuta, però, le problematiche ad un anno dall’evento sono enormi e la mortalità cresce in maniera determinante, quindi, forse la cardiologia riabilitativa ci può permettere di ridurre il trend negativo. Inoltre, la cardiologia riabilitativa ci dà anche la possibilità di rendere edotto il paziente e creare una sorta di alleanza terapeutica, che poi possa portare un miglioramento dell’aderenza, una riduzione delle ospedalizzazioni e della mortalità».
Terapie mirate e personalizzazione delle cure
La personalizzazione delle terapie è stato un argomento centrale della due giorni in merito un po’ a tutte le patologie di cui si è parlato: «Bisogna cucire addosso al paziente la terapia migliore, perché la fibrillazione atriale è un’aritmia multiforme con molteplici aspetti da considerare e che colpisce un ampio spettro di pazienti che talvolta hanno delle cardiopatie organiche, talvolta non hanno una cardiopatia strutturale ma puramente elettrica – ha riferito Giuseppe Sgarito, Responsabile del centro di riferimento regionale di Cardioaritmologia dell’Arnas Civico di Palermo e presidente regionale dell’Associazione italiana aritmologia e cardiostimolazione – Le innovazioni in questo campo riguardano sostanzialmente il campo dell’ablazione della fibrillazione atriale, la quale ha dimostrato, ormai in maniera incontrovertibile, di essere molto più efficace della terapia medica antiaritmica e diventa sempre più efficace man mano che la tecnologia migliora nel tempo. Abbiamo sistemi di mappaggio sempre più innovativi, cateteri sempre più performanti e i risultati migliorano nel tempo utilizzando la tecnologia dell’ablazione. L’approccio è sempre lo stesso, quindi, si accede dalla vena femorale con due cateteri che vengono introdotti nell’atrio sinistro con l’obiettivo iniziale di isolare le vene polmonari dall’atrio e ridurre il burden della fibrillazione atriale. È un intervento che viene fatto in anestesia locale con una blanda sedazione cosciente ed è molto bene tollerato dal paziente, con una rapida ripresa nel giro di poco tempo. Ciò ci permette di fare più interventi perché non abbiamo bisogno di destinare a questi pazienti dei posti letto».
Aumentare la qualità della vita e ridurre la mortalità
«In questo contesto è molto importante parlare di stratificazione del rischio e di ricerca del danno d’organo correlato alle patologie cardiovascolari – ha precisato Michele Creazzo, Cardiologo del gruppo Giomi- La stratificazione del rischio è un atto delicato e complesso che viene attuato dal medico ad ogni visita, per stabilire un rischio di incorrere in un evento cardiovascolare a distanza di anni. Si cerca, quindi, di intercettare i pazienti più ad alto rischio per poter cercare di trattarli e di evitare che possano andare incontro ad un evento cardiovascolare maggiore, aumentando la quantità di vita priva da problematiche cardiovascolari». Per ridurre la mortalità oggigiorno il gold standard è rappresentato dal trapianto di cuore, ma sappiamo che un paziente messo in lista per trapianto aspetta circa tre anni e mezzo prima che possa ricevere un cuore, e qui entrano in gioco i Vad: «Quando si verifica uno scompenso cardiaco refrattario e terapia medica massimale non è più sufficiente per garantire il prolungamento della vita, bisognerà ricorrere alla terapia chirurgica, quindi, il trapianto cardiaco, ma noi sappiamo benissimo che il numero di donatori è molto basso, per cui utilizziamo i Vad o cuori artificiali come ponte per un eventuale trapianto oppure come destination therapy per cercare di prolungare il più possibile la vita del paziente – ha chiarito il cardiologo Francesco Patanè – Il Vad è un dispositivo che viene messo sul cuore e lo bypassa, portando il sangue dal ventricolo sinistro all’aorta ascendente e poi a tutti gli organi, per garantire la corretta perfusione e l’ossigenazione degli stessi. Su quei pazienti che non possono fare un trapianto perché hanno un’età superiore a 60 anni, il Vad prolunga la vita, infatti, la sopravvivenza a cinque anni dall’impianto di circa il 70%».
L’importanza della cardiologia riabilitativa
«I pazienti che hanno avuto un infarto del miocardio o un intervento cardiochirurgico con episodio di scompenso cardiaco devono essere inviati nell’ambito dei reparti di cardiologia riabilitativa – ha precisato Alfonso Galati, Responsabile della Riabilitazione Cardiologica di Villa Betania a Roma – Perché qui si ottimizza la terapia medica, si ha un recupero funzionale con il training e un recupero psicologico. Questo ultimo aspetto è molto importante, perché queste situazioni determinano uno stress non indifferente, per cui è fondamentale avere gli psicologi in equipe. La cardiologia riabilitativa è diversa se il paziente è un infartuato, è scompensato oppure ha avuto un intervento cardiochirurgico, ci saranno complicanze diverse da curare e questo è il nostro compito: valutare paziente per paziente le terapie giuste e la riabilitazione adattata al soggetto»
L’annoso problema delle fake news
«I giornalisti medico-scientifici – ha infine affermato Maria Grazia Elfio, Coordinatore regionale UNAMSI – Sicilia – svolgono un ruolo assai delicato nel contrasto dei fenomeni di misinformazione e fake news sui temi di salute. Comunicare in questo ambito significa, infatti, impattare sulla vita stessa delle persone, tanto più oggi che le stesse sono sovraesposte ad una eterogeneità di strumenti mediatici non tradizionali, caratterizzati da una portata immediata, altamente invasiva e diffusiva, quanto, al contempo, troppo spesso non qualificata. La gestione di processi comunicativi in senso ampio, non solo mediatico quindi, richiede responsabilità, prudenza e rigore morale. S’impone una rigida verifica delle fonti, sia per sostenere l’empowerment dei cittadini, affinché siano sempre più consapevoli del valore salute ed essi stessi costruttori attivi dello stesso, sia per attivare una sinergia con il mondo medico, come dimostrato da questa tavola interattiva».