Per la precisione ammonta a 8.492.250.753,98 euro la rinuncia del credito firmata dal Presidente della Regione Siciliana Renato Schifani con un accordo che grava i cittadini di minori servizi, senza alcuna contropartita dello Stato, in un momento storico in cui, in Sicilia, la povertà sanitaria dilaga.
A questo risultato, praticamente pari a quasi un’intera annualità di servizio sanitario regionale, si arriva dopo un’articolata attività di accesso documentale condotta dall’avv. Paolo Di Stefano dell’ufficio legale del Codacons, che ha ottenuto dal Ministero dell’economia e finanze e dall’Agenzia delle dogane sia i termini dell’atto di rinuncia ai crediti della Regione siciliana firmato da Giorgetti e Schifani (la cui ostensione – nota bene – è stata espressamente negata dal secondo), sia l’ammontare delle accise sui prodotti petroliferi immessi in consumo nel territorio regionale dal 2007 al 2021.
I dati raccolti sono stati analizzati dal prof. Massimo Costa, Ordinario di Economia aziendale dell’Università di Palermo, il quale, nel porre in relazione il mancato gettito annuale per la rinuncia unilaterale della Regione, la spesa annuale per il servizio sanitario e la quota d’imposte petrolifere su prodotti immessi al consumo nel territorio della regione, ha consegnato al Codacons una dettagliata relazione che dimostra che la misura dei crediti cui la Regione ha rinunciato, al contrario di quanto sostenuto dal governo regionale, non solo può essere quantificata, ma sottrae al nostro sistema regionale ingenti risorse. Secondo l’economista, quest’ammanco determina forti implicazioni sugli equilibri finanziari della Regione e, per conseguenza, su quelli dell’intero sistema delle amministrazioni pubbliche italiane. Difatti – prosegue il prof. Costa – se la Regione dal 2007 ad oggi ha sostenuto, senza disporre delle relative entrate, circa 8 miliardi e mezzo di spese sanitarie, queste resterebbero definitivamente prive di ogni copertura finanziaria, perché la finanza regionale non gode di alcun meccanismo perequativo derivante dalla finanza statale. Ciò significa che la maggior spesa ha violato il criterio di pareggio in bilancio, ha comunque violato, sin dall’inizio, il principio della leale collaborazione tra enti pubblici. E tale disavanzo è più ampio, per dimensioni, di quello del 2015 (circa 6 miliardi e mezzo).
Piuttosto, il riconoscimento del credito delle accise porterebbe a un azzeramento immediato del disavanzo regionale che costringe la Regione a continue politiche recessive per i decenni a venire. Il suo mancato riconoscimento, per contro, si traduce in un pagamento da parte dei cittadini siciliani a mezzo di tagli e mancati servizi, in un periodo in cui, in Sicilia, la povertà sanitaria dilaga, il costo del ticket è tra i più alti, migliaia di dipendenti di centri convenzionati scendono in piazza per l’insufficienza dei budget e i cittadini si trovano costretti a curarsi al nord.
E c’è chi pensava di aver eletto un genio con tutta la sua corte…POVERI ILLUSI NOI SICULI STIAMO BENE COSÌ, NON NE AVEVAMO AVUTO ABBASTANZA DEL SUO CAMERATA NE ABBIAMO ELETTO UN”ALTRO UGUALE IDENTICO . CHE MINCHIONI CHE SIAMO.