Il 16 settembre, a un anno dalla morte di Masha Amini avvenuta in
ospedale a causa delle percosse della polizia morale iraniana, nell’ambito
della rassegna “Corti in Cortile”, a Palazzo della Cultura di Catania (ore
17), verrà presentato fuori concorso un documentario sulla vita di un
giovane iraniano che, al contrario di Masha, dall’ospedale, anche se in fin
di vita, è riuscito a scappare. La giornalista Clementina Speranza ha
raccolto i suoi ricordi e gli ha dato voce in un racconto della sua vita che
mette in luce le proibizioni e le repressioni comuni nei confronti dei
giovani nella Repubblica Islamica Iraniana.
Babak Monazzami nasce in Iran, nel 1985. Ripercorre la sua vita partendo
dal ricordo della guerra tra Iran e Iraq. Aveva 3 anni durante i
bombardamenti degli aerei iracheni, quando con la sua famiglia si rifugiò
sulle montagne. Le stesse montagne che oggi non può più rivedere se non
in sogno.
La sua vita inizia scappando e rifugiandosi. E prosegue così, perché in Iran
l’esistenza è ingabbiata in regole ferree che penalizzano e annullano la
libertà e giustificano le crudeli repressioni che inducono Babak a fuggire.
È l’Italia il Paese che sceglie. È a Milano che inizia la sua nuova vita ed è
finalmente felice. Ma anche da Milano sarà costretto ad allontanarsi.
STAI FERMO LÌ si chiama il documentario, come la canzone di Giusy
Ferreri per cui lui ha interpretato, durante il periodo milanese, un video
musicale. Nel documentario Babak Monazzami rievocando il giorno della
registrazione afferma che questo titolo è il Leitmotiv della sua vita: da una
parte lui scappa e dall’altra “sta fermo lì”.
STAI FERMO LÌ è un documentario con taglio giornalistico in cui un
ragazzo persiano, Babak Monazzami, racconta la prima parte della sua
storia: la sua vita in Iran e in Italia. “Ho deciso di non comparire nel
filmato affinché l’attenzione rimanesse sulle sue parole, sui suoi racconti –
afferma Clementina Speranza –. Non è stato facile eseguire le riprese,
l’emozione ha interrotto numerose volte il girato. Il ripercorrere i ricordi
cruenti e tragici, o sentimentali, sui propri cari, impediva al protagonista di
proseguire.
Obiettivo non è solo quello di risvegliare la coscienza del pubblico, ma
anche di ricordare quale sia il prezzo che il silenzio può esigere. È un
invito a non chiudere gli occhi verso chi è dovuto scappare dalla propria
terra anche se mai l’avrebbe voluto”.