Il voto segreto ha segnato la fine, almeno per il momento, della riforma delle Province voluta dal Governo regionale guidato da Renato Schifani. Durante la prima votazione sull’articolo 1 del disegno di legge, le opposizioni hanno richiesto il voto segreto su un emendamento soppressivo. Il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Gaetano Galvagno, ha quindi messo ai voti il mantenimento dell’articolo, ottenendo 40 voti contrari e 25 favorevoli. Questo articolo conteneva gli elementi cruciali della riforma per il ripristino delle Province, come l’elezione diretta dei presidenti e dei consiglieri provinciali. La bocciatura dell’articolo mette anche in notevole crisi l’esecutivo.
Questo è stato il secondo contraccolpo per il governo e la maggioranza a Sala d’Ercole: pochi giorni prima, il Parlamento aveva respinto, sempre tramite voto segreto, il così detto disegno di legge “salva-ineleggibili”. Durante il voto in aula sulle province erano presenti 65 deputati, di cui 37 facenti parte della maggioranza. Almeno 12 voti del centrodestra sono venuti a mancare.
Dopo il voto di oggi, il governatore Schifani ha lasciato Palazzo dei Normanni. Galvagno, il vicepresidente della Regione con delega ai rapporti con l’Assemblea, Luca Sammartino, e il coordinatore siciliano di Forza Italia, Marcello Caruso, si sono riuniti con lui nella stanza del governo.
Diverse le reazioni, che non si sono fatte attendere dopo il voto. Stefano Pellegrino, presidente dei deputati di Forza Italia, partito del presidente della Regione, ha affermato: “I siciliani hanno perso oggi una grande opportunità per ridare dignità e rappresentanza istituzionale alle ex Province, che ormai da anni, dopo una scelta scellerata del governo Crocetta, versano in stato di gravissima crisi in termini di servizi per i cittadini e i territori. Non può che dispiacere che una norma di alto valore istituzionale sia stata bocciata, trincerandosi dietro scuse false come quella che si sarebbe trattato di una mossa pre-elettorale. Ad essere uscita oggi sconfitta da Sala d’Ercole è la democrazia e la rappresentanza democratica dei siciliani, che dovranno continuare a subire i danni della cancellazione degli enti di area vasta”.
Giorgio Assenza, capogruppo FdI, critica il voto segreto: “Quella scritta oggi da quest’aula non è una bella pagina. A questo punto occorre riflettere seriamente sull’opportunità di mantenere il voto segreto su qualsiasi ambito. Assumo l’impegno di proporre una norma che tenda a modificare questa vergogna e questa assurdità . Con questo sistema, infatti, chi non ha il coraggio di mettere la faccia sulle proprie scelte si trincera dietro al voto segreto”. E poi propone di mettere una pezza dopo il no al ddl: “A questo punto bisogna fare cessare l’era dei commissari alle ex Province. Esiste una legge in vigore che prevede le elezioni di secondo livello, si proceda con quanto previsto. Dobbiamo ripristinare un minimo di democrazia in questi enti procedendo con il sistema elettorale previsto dalla legge Delrio”.
Assolutamente contrari però gli esponenti della Democrazia Cristiana. “Nel programma di Schifani è scritto a chiare lettere che i protagonisti del voto devono essere i cittadini e questo è quello che prevedeva la riforma bocciata oggi, che tornerà presto in aula”. Questo è quanto hanno affermato il leader Totò Cuffaro, il capogruppo all’Ars Carmelo Pace e il presidente della prima commissione Ignazio Abbate.
“Il ddl avrebbe consentito il voto democratico per le nostre province, ormai da troppo tempo lasciate in balia dell’assenza di politica e di governo delle cose. Sono sotto gli occhi di tutti le condizioni drammatiche in cui versano tutte le strutture scolastiche e le opere infrastrutturali in generale di competenza delle ex province e soltanto il ritorno alle elezioni democratiche degli organi può determinare un’effettiva inversione di rotta su questi fronti” dicono i deputati del gruppo Popolari e autonomisti in una nota insieme con l’assessore Roberto Di Mauro.
“Siamo ovviamente amareggiati per l’esito del voto all’Ars sul ripristino delle Province. Dal nostro punto di vista è un’occasione persa per tutti, anche in virtù dell’accordo nazionale e regionale sul tema. Le Province sono una nostra storica battaglia per assicurare dignità e per dare voce e rispetto ai territori. Ripristinarle significa garantire una gestione dei servizi migliore e vicina alle esigenze dei cittadini, restituendo loro il potere di voto sui propri rappresentanti. Il nostro impegno in questa direzione non cambierà”. Così si è espresso in una nota il senatore della Lega Claudio Durigon, commissario del partito in Sicilia.
“Il fatto politico della maggioranza sconfitta all’Ars sul voto di riforma delle Province è un bruttissimo segnale che non va sottovalutato ma che può servire ad una ampia riflessione. Occorre ritrovare, e in tempi brevi, le ragioni di una coalizione che è maggioranza nel Paese e che è chiamata a governare in una congiuntura economica e sociale problematica. Nessuna forza politica può ritenersi autosufficiente”. È chiaro che sono stati commessi degli errori e, tra questi, la mancanza di una cabina di regia in grado di affrontare e superare gli ostacoli. Per questo è auspicabile un confronto tra le forze del centrodestra per riprendere il percorso avviato e rinsaldare la proposta politica in vista delle elezioni amministrative e per riproporre su base ampia una riforma delle Province di cui il territorio non può fare a meno”. Ha detto Massimo Dell’Utri, coordinatore regionale di Noi Moderati.
Anche l’opposizione, che esce rafforzata dal voto, si fa sentire. Il sindaco di Taormina e leader di Sud chiama Nord, Cateno De Luca, sotiene che “la bocciatura del disegno di legge sul voto diretto nelle Province in Sicilia rappresenta l’ennesima sconfitta, per il governo di Renato Schifani, nel giro di pochi giorni. L’Assemblea, con il voto segreto richiesto dal nostro gruppo e che ha visto 25 favorevoli e 40 contrari, al mantenimento dell’art. 1 della norma, ha bocciato la norma sulla elezione diretta per le province mettendo in evidenza una maggioranza che è andata sotto. Avevamo invitato il presidente Schifani a un confronto costruttivo su un anno di attività, ma purtroppo la sua presenza oggi sembra essere stata ancora una volta sfortunata per la sua stessa maggioranza.Lo avevamo detto all’inizio dei lavori che la sua presenza Presidente non avrebbe portato bene. È evidente che l’atteggiamento intimidatorio del presidente Schifani non ha sortito gli effetti sperati. La sua presenza in aula sembra aver contribuito alla disgregazione della sua stessa maggioranza. È giunto il momento di voltare pagina e di scegliere un presidente degno di questo nome. Alla luce di quanto è successo il presidente Schifani non può che dimettersi. C’è di mezzo la credibilità della Sicilia. D’altronde lui stesso aveva affermato entrando in aula che si sarebbe dimesso in caso di voto negativo, sia coerente e si dimetta”.
Secondo Antonio De Luca, capogruppo M5S all’Ars, “Lo schiaffone a Schifani sulle Province si è sentito fino a Roma e non può non avere conseguenze. Questo governo deve andare a casa. Si tratta di un risultato anche più clamoroso di quello che immaginavo, anche se avevo sottolineato che questo ddl non era condiviso nemmeno dalla sua maggioranza ma Schifani ha avuto l’arroganza di presentarsi in aula e prendere in diretta questa sonora batosta sulla legge che porta la sua firma. Ora tragga le dovute conseguenze e si dimetta, anche perché questa è l’ennesima dimostrazione che questo governo non ha più maggioranza né in aula né fuori da essa”. Gli fa eco il coordinatore regionale dei pentastellati, Nuccio Di Paola: “l Parlamento regionale ha sfiduciato palesemente per la seconda volta il presidente Schifani presente in aula. La prima volta con il disegno di legge che salvava gli ineleggibili, ed oggi con l’altro suo cavallo di battaglia ovvero la restaurazione delle province regionali e delle relative poltrone. Se fossi il Presidente Schifani trarrei le dovute considerazioni da questa ennesima bocciatura. La maggioranza di destra non esiste più e non rappresenta i siciliani”.
Anche il Partito democratico dice la sua, tramite il capogruppo Michele Catanzaro e i deputati Nello Dipasquale, Mario Giambona e Antonello Cracolici. “Ad una settimana dal tonfo sul ddl salva ineleggibili il centrodestra si sgretola nuovamente sulla riforma delle Province. L’immagine del governo che fugge dall’aula subito dopo il ko è la rappresentazione plastica di una maggioranza totalmente allo sbando” ha detto Catanzaro. Dipasquale ha rincarato: “Il voto di oggi all’Ars era una morte annunciata. Adesso bisogna pensare alle elezioni di secondo livello nelle Province. La maggioranza è rimasta vittima delle sue stesse forzature”. Giambona ha aggiunto: “La maggioranza oramai va sistematicamente sotto in tutte le votazioni. Bisogna prendere atto che questo Parlamento ha un’altra maggioranza che sicuramente non è a sostegno del governatore siciliano”. Cracolici spiega: “Il centrodestra pensa che vincere le elezioni voglia dire comandare, su questa strada saranno sempre sconfitti. Quando si smarrisce il senso della funzione istituzionale c’è chi pensa di poter fare quello che vuole, così come è successo all’Ars con la bocciatura della riforma delle province: un ddl che, come più volte abbiamo detto, non aveva né capo né coda. Nel centrodestra c’è uno scontro per il comando e non sulle soluzioni da dare ai problemi della Sicilia. O questa maggioranza si ferma e capisce che ha il ‘dovere di governare la Regione’ e non il ‘diritto di comandarla’, o andremo tutti a sbattere perché lo scontro politico si inasprirà sempre di più”.
“Era scontato che finisse così”, ha esclamato Gianfranco Miccichè mentre chiacchierava con i giornalisti in sala stampa.
Michele Bruno.