Da Messina al Senegal, passando per il Pollina Film Festival: il cinema “oltre” di Damiano Grasso

Michele Bruno

Da Messina al Senegal, passando per il Pollina Film Festival: il cinema “oltre” di Damiano Grasso

giovedì 05 Settembre 2024 - 15:01

Un cinema che va oltre, che supera confini e barriere, cercando di fare luce su realtà sconosciute. Uno sguardo che osserva senza giudicare, diverso da quello dell’uomo comune occidentale, spesso abituato al benessere quotidiano e a dare molte cose per scontate.

Non si tratta di un giudizio sul capitalismo o su ciò che non funziona. Piuttosto, l’obiettivo è offrire uno sguardo differente, che fa riflettere e incuriosire, soffermandosi su dettagli spesso ignorati, permettendoci di prenderne consapevolezza.

“Perché prima di volerla cambiare, una realtà bisogna conoscerla a fondo.” È una delle frasi che rimangono impresse dopo aver parlato con Damiano Grasso, regista messinese di 33 anni, forse uno dei talenti più preziosi della nostra provincia. Vincitore del premio come Miglior Regista Esordiente al Pollina Film Festival con il cortometraggio “Invisible”, Damiano non sente l’urgenza di cambiare le cose, ma piuttosto quella di raccontarle e farle conoscere a tutti, con la passione di un ragazzo che ama ciò che fa e lo fa bene.

Damiano nasce a Messina nel 1991, ma trascorre l’infanzia e l’adolescenza a Giardini Naxos. La sua passione per il teatro nasce quasi per gioco. “Serviva un Peppiniello per la recita di Miseria e Nobiltà e hanno preso me. Sono partito dalle recite dell’asilo e della scuola. Così è nata la mia passione per il teatro”.

Da lì, ha iniziato a collaborare con compagnie parrocchiali, per poi passare a gruppi più strutturati, fino ad arrivare a Teatro Impulso a Catania, dove ha seguito corsi di recitazione, storia del cinema e sceneggiatura.

Parallelamente, è cresciuta la sua passione per la fotografia, iniziata come un hobby con una reflex e approfondita con tanto studio. “Oggi lavoro grazie alla fotografia: faccio foto e video per eventi e matrimoni, ma per otto anni ho lavorato come tecnico informatico in tribunale… non era la mia vita…”. Il richiamo dell’arte è stato più forte e viscerale, spingendolo a licenziarsi per dedicarsi completamente alla sua passione.

Fotografia e teatro si sono così intrecciati con l’interesse per il cinema e il sociale, diventando un tutt’uno. A Messina, frequentare il Dams è stato un modo per sperimentare i diversi lati del cinema e provare i primi cortometraggi. La passione per il sociale è emersa collaborando con diverse associazioni, come “La Bottega del Rumore” di Giardini, con cui ha partecipato all’organizzazione di festival e manifestazioni per beneficenza.

Damiano Grasso, giovane regista messinese

Damiano non sta mai fermo, e fa tantissime cose. Con l’associazione Ludetna, ad esempio, partecipa all’organizzazione del Viagrande Film Fest, che porta in scena cortometraggi e film da tutto il mondo.

In più, il prossimo 22 settembre sarà tra gli organizzatori di una protesta per la riapertura del cineteatro comunale di Giardini, chiuso da molti anni, a cui prenderanno parte tantissimi artisti, con musica dal vivo.

Damiano dunque non si è mai fermato e non sembra intenzionato a farlo. È un ragazzo “oltre”, non solo perché difficile da confinare in un luogo di appartenenza, ma perché il suo sguardo va lontano. L’attenzione verso ciò che sembra “straniero” nasce presto, quando, con l’associazione, prende parte a lezioni di italiano per stranieri, corsi di musica gratuiti e attività a sostegno dei migranti.

Nel suo cinema, questa attenzione si manifesta chiaramente da subito. “Invisible” racconta la storia di Palm (Piyarat Kittiwat), una donna tailandese che si ritrova a vivere a Giardini, affrontando una quotidianità sconosciuta, una lingua diversa da imparare e le difficoltà delle cose più banali, insieme al senso di alienazione che la barriera linguistica può comportare. “Tutto è nato conoscendo Palm, moglie di un amico che è presidente di un’associazione con cui collaboro. Avevamo vinto un bando per un cortometraggio su accoglienza e inclusività, e la sua storia era perfetta.”. Palm è sia attrice che personaggio, interpreta sé stessa nel film.

Fotogramma tratto dal cortometraggio “Invisible”, con la protagonista Piyarat Kittiwat

Ma lo sguardo insaziabile di Damiano non si ferma qui. Lo porta fino in Senegal, dove nasce il suo prossimo documentario, di cui ci ha “spoilerato” qualche dettaglio. “I documentari sono ciò in cui mi esprimo meglio, e penso di continuare su questa strada. Mi piace tanto viaggiare e portare la gente in posti incredibili,” confessa con un sorriso contagioso.

“Quando vieni a conoscenza di realtà come questa, devi fare qualcosa. Io ho voluto raccontarla. In Senegal ho scoperto un mondo completamente diverso dal nostro. È il paese della Taranga, l’accoglienza, ed io sono stato subito accolto come uno di loro.”

E “loro” sono i “talibé”, i bambini delle “dare”, una sorta di case-collegio in cui vivono dai 3 ai 18 anni per ricevere un’istruzione. “Un’istruzione diversa da quella che conosciamo qui. I bambini studiano il Corano, ne riproducono i versetti con un bastoncino di carbone e devono poi impararli.”

Uno degli scatti di Damiano che raffigurano i talibé del Senegal

Damiano è arrivato in Senegal grazie all’associazione “I bambini di Ornella”, che a Toubab Dialaw ha fondato un centro che offre pasti, servizi sanitari, corsi di francese e di sartoria, per permettere un’istruzione e un avviamento professionale ai piccoli. L’associazione è un presidio importante per i talibé, affidati alla cura del “marabù”, un vecchio saggio che offre loro un’istruzione religiosa, che però non garantisce un vero futuro a questi bambini. Le famiglie, spesso povere, affidano i figli a questa figura, che pur non essendo riconosciuta dalla legge, rappresenta un’istituzione.

“Il futuro di questi bambini è diventare schiavi e lavorare nei campi o nelle botteghe per il marabù. Se trasgrediscono le regole, ci sono punizioni corporali,” spiega Damiano. “Al nostro occhio tutto ciò appare orrendo e negativo, ma la realtà è più complessa. Spesso sono gli stessi marabù a chiedere più lezioni di francese per i bambini.”

“È semplicemente il frutto di una cultura diversa, difficile da comprendere per noi. Sono tradizioni tramandate, considerate giuste.” E aggiunge: “È evidente che questo sistema debba cambiare, ma non spetta tanto a noi farlo. Noi possiamo agevolare il cambiamento, ma le cose stanno già mutando dall’interno. Ultimamente, nelle nuove dare, le punizioni sono state abbandonate.”

Paradossalmente, per un bambino a Toubab Dialaw, lavorare significa essere liberi e sottrarsi al sistema delle dare. “Quello che per noi è lavoro minorile, per loro significa poter restare in casa con la famiglia e non essere soggetti al marabù. Qualcosa di inconcepibile per noi occidentali.”

“Devo ringraziare due persone che hanno reso tutto questo possibile: Manuela Zanolo, che è stata lì tantissime volte e conosce la comunità locale, collaborando con l’associazione da anni; e il nostro autista, Hamidou Diallo, un ex talibé. Sono stati i miei tramite con la comunità del paese.” dice con gratitudine e commozione Damiano. Manuela non ha fornito un semplice supporto, ha realizzato il film con Damiano e firmerà con lui il lavoro.

L’associazione si occupa anche di sensibilizzare sulla gestione dei rifiuti a Toubab Dialaw. “Lì la raccolta dei rifiuti consiste nel bruciare gli scarti. Non ci sono le nostre norme igieniche e sanitarie. Abbiamo organizzato una caccia al tesoro per insegnare ai bambini a raccogliere i rifiuti in modo corretto.”

Questo documentario sarà interamente autoprodotto. “Sto facendo tutto a mie spese,” spiega Damiano.

“Devo dire di essermi ambientato da subito, ormai li sento come amici miei. Giravo per strada con la camera ed ero tranquillo e al sicuro. Addirittura guardavo le partite di calcio con loro e ho anche giocato con i bambini. Il calcio è lo sport più amato in Senegal, ed i bambini organizzano con grande dedizione e serietà il campionato delle dare. È qualcosa di stupendo.”.

Gli occhi gli si illuminano quando parla del Senegal e dei talibé. Non vede l’ora di tornarci per le ultime riprese, che farà a novembre. Verrebbe voglia di vedere il documentario, che però ancora non è completato. Tuttavia, Damiano ci mostra qualche foto e spezzone video. Nemmeno “Invisible” si può vedere, poiché i festival di solito hanno l’esclusiva sui lavori presentati. Chissà, forse un giorno i suoi lavori saranno proiettati nei cinema, anche a Messina. Intanto, è possibile visitare le sue mostre, dove espone anche gli scatti dal Senegal.

Damiano è sicuramente tra i migliori talenti della nostra provincia, uno di quei giovani messinesi da valorizzare e che spesso, purtroppo, la nostra città fatica a sostenere. Messina non può essere Cinecittà, ma potrebbe organizzare più eventi per dare spazio e lanciare gli artisti locali, facendoli conoscere al pubblico. Però questo giovane regista è già stato notato a Pollina e siamo sicuri che, anche per la sua indole, arriverà lontano, senza mai trovare ostacoli che lo fermeranno. Segnatevi questo nome, perché ne sentirete parlare.

Michele Bruno.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta