Terra di confine e luogo di pistoleri, El Paso, rappresenta più di ogni altra metafora lo stato degli ospedali italiani.Le aggressioni nei confronti dei sanitari, ormai divenute una costante delle cronache, non fanno più notizia: i casi eclatanti di Foggia e Pescara rappresentano solo la punta di un iceberg. Da tanto tempo il rapporto fiduciario medico-paziente si è rotto ed è stato sostituito dal contenzioso medico-legale che negli ultimi 20 anni ha avuto un incremento geometrico non giustificato.
L’art. 32 della Costituzione garantisce al cittadino la migliore cura possibile non la guarigione. Negli anni – per colpa dei media e della magistratura, ma anche dei medici che hanno voluto amplificare i loro risultati – il diritto alla migliore cura possibile è stato sovvertito in “diritto alla guarigione”. Di conseguenza il malato ritiene che la cura deve essere sempre salvifica e non accetta che una malattia possa avere una prognosi nefasta. L’amplificazione degli eventi avversi, che i media definiscono come malasanità ha influito enormemente sul costume dei cittadini, i quali ritengono che una aspettativa disattesa è colpa dei sanitari.
Nè i magistrati hanno arrestato questa deriva: avrebbero il dovere nell’udienza preliminare di accertare e valutare la veridicità della contestazione, invece rinviano a giudizio come si trattasse di un picnic. Il risultato è che il 95% dei processi esitano in assoluzioni. Tutto ciò dovrebbe fare riflettere, ma l’ignavia del GUP non pare avere pudore: questa è una vergogna. La gogna mediatico-giudiziaria cui il medico è stato sottoposto negli ultimi decenni ha sviluppato la cosiddetta medicina difensiva che ha un costo pari al 10% del Pil sanitario.
Alla gogna giudiziaria si sono associate intimidazioni e aggressioni: il politicamente corretto che si strappa le vesti per cani, lupi e orsi, che fa crociate per la cultura woke e gender, dovrebbe pensare che la malattia non guarda in faccia nessuno e salvaguardare i sanitari come una specie protetta: sono questi gli unici depositari dell’arte terapeutica.
Diego Celi