Il giovane palermitano dei quartieri popolari che tanto ha dato al Messina e ai tifosi giallorossi se n’è andato. Non ce l’ha fatta a vincere la battaglia contro il tumore.
Totò Schillaci saluta oggi i tifosi azzurri che hanno sognato con le sue gesta a Italia ’90, quelli messinesi che per 7 anni se lo sono goduto, e i palermitani, per cui ha rappresentato il riscatto di una città, partendo dal quartiere popolare di San Giovanni Apostolo (noto a tutti come il Cep) e diventando l’esempio vivente che tutti, grazie a impegno e talento, possono farcela nella vita.
Inizia con il calcio giocando dall’80 all’82 per la squadra della municipalizzata Amat, l’azienda di trasporto pubblico locale. Il Palermo voleva lui e il compagno Carmelo Mancuso, ma l’Amat chiedeva 35 milioni a fronte di 28 offerti dai rosanero. Così nell’82 la spunta il Messina, e Schillaci approda nella città dello Stretto, contribuendo alle promozioni dalla C2 alla B, raggiunta nell’anno 1985-86, segnando in quella stagione 11 reti. Era il Messina dell’amatissimo Franco Scoglio e Schillaci ne era l’idolo e anche il Capitano.
«Mi diceva sempre “fai quello che vuoi e gioca come ti senti”. Questo mi caricava a mille proprio in virtù di questa libertà che mi concedeva sul campo di gioco. Ho imparato tantissimo dalla sua persona e non smetterò mai di ringraziarlo. Con lui e i compagni di allora abbiamo reso ai messinesi anni fantastici» disse Totò del grande Franco e di quel Messina.
Nel 1988-89 arriva il boemo Zdenek Zeman, ma la musica non cambia. Totò continua a segnare, addirittura ne fa 23 in B, diventandone capocannoniere. Ha giocato con i giallorossi 256 gare, di cui 219 in campionato: il più presente nella storia del club dietro Angelo Stucchi. Con i suoi 77 gol è il secondo cannoniere della storia della squadra dello Stretto, dietro Renato Ferretti.
Alla fine dell’anno sarà ingaggiato dalla Juventus per 6 milioni di lire. Contribuisce alla vittoria di Coppa Italia e Coppa Uefa, e Azeglio Vicini lo convoca per i mondiali in casa di Italia ’90, dove gli azzurri raggiungono solo il terzo posto ma Totò segna 6 gol in 7 partite diventandone capocannoniere. Sono state comunque notti magiche, perché Schillaci fece credere a tutti che l’Italia potesse meritare il trofeo quell’anno.
Arriva poi il momento difficile della carriera, gli anni successivi alla Juve sono complicati, e nonostante un buon inizio all’Inter gli infortuni non gli permettono di essere sempre al meglio, pur facendo parte della rosa che nel 1993-94 vince la Coppa Uefa. Chiude la carriera in Giappone, con la Jubilo Iwata.
Inizia una carriera come dirigente sportivo a livello dilettantistico, acquistando l’US Palermo e prendendo parte nel 2017-18 al progetto dell’Asante, squadra composta da soli migranti. Dal 2000 gestisce il centro sportivo “Loius Ribolla”, una scuola calcio che ha cresciuto diversi talenti.
Nel 2001 si lancia in politica, eletto con 2000 voti consigliere comunale a Palermo con Forza Italia, ma dimessosi dopo 2 anni.
Parteciperà a diversi programmi TV, come l’Isola dei famosi nel 2004, Quelli che il Calcio, di cui era spesso ospite, per ultimo Pechino Express con l’amata moglie Barbara.
In quel periodo sembrava aver superato il male che lo aveva colpito. Quando morì Gianluca Vialli disse che «queste malattie non guardano in faccia nessuno», e appunto nessuno sapeva che anche lui stava combattendo quella battaglia. L’annuncio al pubblico della malattia arriva dopo. Pensava di aver dribblato anche questo temibile avversario, che invece è tornato più cattivo di prima, potrandoselo via a 59 anni.
Totò però non morirà mai davvero, e resterà nel cuore dei messinesi, dei palermitani e di tutti gli italiani.
Michele Bruno.