Mafia barcellonese, due misure cautelari e sette avvisi di garanzia

Questa mattina, i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Messina hanno eseguito un’ordinanza di applicazione della misura cautelare, emessa dal GIP del Tribunale di Messina, su conforme richiesta della Procura Distrettuale, nei confronti di 2 persone, di 26 e 66 anni, già note alle Forze dell’Ordine, in ordine ai reati di “associazione di tipo mafioso”, poiché gravemente indiziati quali appartenenti alla “famiglia dei barcellonesi”, e, solo quest’ultimo, per “trasferimento fraudolento dei beni aggravato dalle finalità mafiose”.

I Carabinieri hanno notificato, contestualmente, un’informazione di garanzia nei confronti di sette persone, tra cui imprenditori edili, indagati per “concorso esterno in associazione di tipo mafioso”. L’indagine costituisce il prosieguo di un’attività investigativa coordinata dalla DDA di Messina e delegata dal Comando Provinciale Carabinieri di Messina nei confronti della “famiglia dei barcellonesi” nell’ambito della quale, il 22.2.2022, erano state eseguite misure cautelari nei confronti di 86 persone e che aveva documentato l’operatività del sodalizio nella commissione di estorsioni e nel traffico di droga, nella gestione di bische clandestine e della prostituzione, nonché gli interessi nel settore dei prodotti ortofrutticoli, che veniva compromesso con metodi mafiosi attraverso l’imposizione di prezzi e merce.

Le indagini del procedimento penale attuale hanno riguardato invece l’infiltrazione di appartenenti alla famiglia mafiosa barcellonese nell’ambito di un altro settore economico, ossia quello dei favori di ristrutturazione edilizia e dell’efficientamento energetico, con il bonus del 110%, direttamente finanziati con risorse pubbliche.

In particolare, le attività investigative, hanno fatto emergere un vero e proprio accordo proposto da un imprenditore edile, indagato per “concorso esterno in associazione di tipo mafioso”, a un importante esponente della consorteria barcellonese (attualmente detenuto in carcere quale capo dell’organizzazione mafiosa nell’ambito della precedente indagine), volto a favorire, con il sostegno del sodalizio, la sua società, “pulita” ed economicamente attrezzata per rilevare il “credito fiscale” connesso al Superbonus edilizio.

In particolare, l’imprenditore, in cambio della protezione, del sostegno e della “sponsorizzazione” del sodalizio mafioso nel reperimento degli immobili, ubicati nella zona di Barcellona P.G. e dei comuni limitrofi, sui quali eseguire lavori di efficientamento energetico, corrispondeva somme di denaro ai componenti dell’organizzazione mafiosa che, per il “servizio” reso ottenevano altresì l’affidamento di subappalti in favore di ditte ad essa riconducibili o, comunque, contigue.

Specificamente, sulla base del patto criminale, stabilito proprio nel corso di un incontro in casa dell’esponente dei “barcellonesi”, è emerso come il 26enne e al 66enne, rispettivamente figlio e uomo di fiducia di quest’ultimo, avrebbero agito nel territorio di influenza della consorteria per segnalare gli edifici ove effettuare i lavori, consentendo quindi alla ditta di accaparrarsi le commesse, in particolare a Barcellona P.G., Pace del Mela, Furnari, Terme Vigliatore e Milazzo, con conseguenti maggiori profitti. In cambio, i due soggetti avrebbero ricevuto dall’imprenditore laute provvigioni, mascherate tramite accrediti per non ben chiarite prestazioni d’opera.

I due arrestati, inoltre, dagli elementi emersi nell’indagine, avrebbero indicato all’imprenditore le ditte edili “gradite” al sodalizio mafioso, che dovevano essere individuate dall’impresa principale per i lavori in subappalto, ricevendo sistematicamente la corresponsione anche da queste ultime di quote percentuali sui profitti, che poi sarebbero confluite all’esponente dei barcellonesi. Nel corso dell’attività investigativa, è stata documentata altresì la modalità con cui, nell’ambito del meccanismo criminale escogitato per sfruttare i profitti derivanti dal superbonus, sarebbe stata costituita ad hoc un’impresa edile, fittiziamente intestata a un prestanome ,ma eludendo le disposizioni sulle misure di prevenzione antimafia, di fatto riconducibile all’esponente mafioso.

L’impresa fittiziamente intestata sarebbe stata coinvolta direttamente nello svolgimento dei lavori da parte della ditta principale, con la conseguente percezione dei relativi introiti, che costituivano un’ulteriore canale di corresponsione dei profitti illeciti in favore dell’esponente mafioso e degli appartenenti alla cosca mafiosa.

Quanto sopra, ai fini dell’esercizio del diritto di cronaca, costituzionalmente garantito e net rispetto dei diritti degli indagati, che, in considerazione dell’attuale fase de/le indagini preliminari, sono da presumersi innocenti fino al/a sentenza irrevocabile che ne accerti le responsabilità e con la precisazione che ji giudizio, che si svolgerà in contraddittorio con le parti e le difese davanti al giudice terzo ed imparziale, potrà concludersi anche con la prova dell’assenza di ogni forma di responsabilità in capo agli stessi indagati.

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